Il
racconto dell’ancella - Margaret Atwood
Recensione
di Giorgia Wasp
Titolo:
Il racconto dell’ancella
Autore:
Margaret Atwood
Traduttore: Camillo Pennati
Genere:
Romanzo
Editore: Ponte alle grazie
Pagine: 398
Isbn: 9788833312255
Una
variante della nostra storia, così come sarebbe potuta essere ma non fu.
Esiste più di un genere di libertà: la libertà di e la libertà da.
Una
storia aspra, priva di amore, dove i sentimenti contraddittori non permettono
di riflettere con lucidità e rendono le persone statiche.
Una
società falsamente puritana dove la figura maschile ha strappato alle donne
quella libertà per cui avevano combattuto, la libertà di: essere indipendenti,
poter lavorare, avere un proprio conto corrente e poter decidere della propria
vita. Per ottenere la libertà da: fatta di una finta protezione dalle minacce
degli uomini.
Offred
è la protagonista del libro, strappata alla propria vita in quanto donna.
Privata del proprio nome, del marito e della figlia e costretta a diventare
un’ancella ovvero una donna il cui unico pregio è quello di essere fertile e
poter concepire un figlio, che verrà poi donato all’élite composta dalle Mogli
d’azzurro vestite.
Ciò
che più angoscia il lettore è l’alternarsi del romanzo tra quello che è e tra
quello che fu. Durante il racconto la protagonista si sofferma varie volte nel
ricordare parti del passato, fatto di gioie e soddisfazioni per poi tornare
improvvisamente nel mondo attuale che le riserva solo pene ed afflizioni
costretta a cedere il proprio corpo per dare alla luce un figlio ad un’altra
donna.
Questa
mia affermazione non vuol avere nessun secondo significato, ovvero non mi
riferisco all’attuale “utero in affitto” in quanto questa vicenda non ha nulla
di simile. Queste donne, le ancelle, sono costrette a giacere con uomini, alla
presenza delle loro mogli, al fine di concepire una vita. Si tratta di uno
stupro, indipendentemente da come lo si voglia descrivere.
Le
ancelle che non riescono ad assolvere alla loro funzione vengono declassate a
Nondonne e schiavizzate nelle colonie fino alla loro morte.
Ciò
che mi ha angosciato maggiormente è stato il Colonnello, questo mondo voluto
dagli uomini e fatto per gli uomini diventa una barzelletta anche per loro. Da
una parte hanno ottenuto il potere tanto agognato di poter sottomettere il
mondo, d’altra parte anche a loro manca il passato, fatto di spontaneità e
libertà, tanto da trovare il desiderio di ricrearlo in particolari circoli a
loro esclusivamente dedicati.
Un
romanzo aspro ed angosciante dove la parola “lieto fine” sembra un’utopia.
Nessun commento:
Posta un commento