Sono stato l'assistente del dottor Mengele (2020)


Sono stato l’assistente del dottor Mengele – Miklós Nyiszli

Titolo: Sono stato l’assistente del dottor Mengele
Autore: Miklós Nyiszli
Traduttore: Augusto Fonseca
Genere: testimonianza storica
Editore: DeltaEdit
Pagine: 192
ISBN: 9788890267949

Il presente post non ha alcuna intenzione di definire quale sia l’edizione migliore tra le due; si tratta di una comparazione basata su dati oggettivi al fine di informare il fruitore di quali siano le differenze più marcate tra le due versioni.
Si ringrazia il traduttore Augusto Fonseca per aver fornito una copia del libro a titolo gratuito in cambio di un parere onesto a riguardo.

Esattamente un anno fa qui sul blog venne pubblicata la recensione di Sopravvissuto a Mengele di Miklós Nyiszli, un libro che era presente nella libreria di casa mia da oltre trent'anni in una edizione della casa editrice SugarCo risalente alla metà degli anni Ottanta ma che riportava la traduzione effettuata dalla scrittrice Maria Jatosti nei primo anni Sessanta, basata sulla traduzione francese di Tibère Kremer (se siete interessati a recuperare quella recensione la trovate qui).
Oggi ho intenzione di parlarvi nuovamente di questa preziosa testimonianza nella sua edizione più recente, quella pubblicata dalla casa editrice DeltaEdit all'interno della collana Memento e tradotta dal professor Augusto Fonseca basandosi sulla traduzione polacca di Tadeusz Olszanski, che è stato tanto gentile da fornirmi una copia del libro per fare una vera e propria lettura parallela della sua versione del testo e di quella di Maria Jatosti.
La differenza più evidente tra le due traduzioni riguarda la terminologia utilizzata, figlia delle diverse epoche storiche in cui il testo ha preso nuova vita.
L'edizione più datata, ossia quella con la traduzione di Maria Jatosti rispecchia la tendenza target oriented della traduttologia, quella che ha prevalso nel nostro paese per buona parte del Novecento, ossia quella di una traduzione che sia più vicina alla lingua del lettore che a quella dello scrittore; è per questo motivo che troveremo la forma italianizzata dei diversi termini tecnici, una scelta che permette al lettore di fruire del testo liberamente ma che a volte porta alla semplificazione dei concetti, quando non si arriva ad un loro stravolgimento per creare maggior contatto con il pubblico di riferimento. In letteratura esistono moltissimi esempi di questa tendenza, basti pensare alle vecchie traduzioni in cui i nomi stranieri venivano italianizzati, ma per rendere chiaro il concetto vi porto un paio di esempi più "pop", ossia il film Ritorno al futuro, dove per evitare che lo spettatore italiano non capisse il riferimento ad un noto stilista il nome Calvin Klein scritto sull’elastico delle mutande di Marty McFly divenne il più noto Levi Strauss, e, qualche anno dopo, l’adattamento della serie tv La tata, in cui la statunitense di origini ebraiche Fran Fine divenne l’italiana Francesca Cacace, con conseguente stravolgimento di ognuno dei numerosi riferimenti alla cultura ebraica per adattarli a quella italiana.
Diversamente dalla traduzione di mezzo secolo prima ed in linea con la realtà globalizzata nella quale viviamo, il testo tradotto da Augusto Fonseca è decisamente più vicino all'approccio source oriented, dove è il lettore a doversi avvicinare al testo non tradotto, affrontandone la terminologia tecnica per carpirne le sfumature; in parole povere nella traduzione di Augusto Fonseca troviamo molti termini in tedesco di cui ci viene fornita spiegazione all’interno del glossario inserito nel volume, oltre che nelle note.
L'altra grande differenza di queste due edizioni è il fatto che l’edizione del professor Fonseca presenta un impianto di note elaborato da Franciszek Piper, che approfondisce aspetti solo accennati nel testo, fornisce brevi biografie delle persone citate e in alcuni casi smentisce le affermazioni del dottor Nyiszli, fornendo al lettore dei dati aggiornati riguardanti principalmente il Sonderkommando, ossia quel gruppo di ebrei che lavoravano nelle strutture in cui probabilmente qualche membro della loro famiglia era stato eliminato.
Se qualcuno dovesse chiedermi quale tra le due edizioni sia quella che preferisco, risponderei quella della Deltaedit perché in generale preferisco le traduzioni che spingono il lettore a conoscere cose nuove e per via dell'impianto di note, due aspetti che combinandosi descrivono, banalmente, il fatto che io sia una persona curiosa e che quindi maggiori sono gli spunti che possono spingermi a cercare altre informazioni più io mi sento soddisfatta dalla lettura; ciò ovviamente non cancella il lavoro fatto da Maria Iatosti, che ha il grande merito di aver permesso agli italiani di leggere questa testimonianza e di averla adattata magistralmente.
Come è ovvio che sia, i contenuti dei due libri è il medesimo ma cambia la costruzione della frase e la terminologia utilizzata, caratteristiche che non rendono l'esperienza meno intensa; in entrambi i casi la devastante consapevolezza del tragico destino del popolo ebraico domina ogni pagina, mescolandosi al dramma delle altre categorie rinchiuse all'interno dei campi di prigionia nazisti e alla follia di uomini che credendo nella propria nazione hanno perso la propria umanità, spingendosi talmente oltre il limite da realizzare di essere ormai irrimediabilmente perduti.
Questa testimonianza è un pugno nello stomaco che tutti dovremmo incassare perché a ottant'anni di distanza da quei giorni atroci il genere umano sembra aver iniziato a dimenticare a cosa portò l'esasperazione di un sentimento d'odio nei confronti del diverso; io mi rifiuto di credere che il genere umano abbia una memoria tanto corta e sono convinta che libri come questo possano aiutarlo a ricordare quegli errori per non ripeterli in futuro.


Nonsololibri#6 - Slam Dunk

NONSOLOLIBRI #6
SLAM DUNK

Cover del sesto volume dell'edizione attualmente in corso di pubblicazione

Titolo: Slam Dunk
Autore: Takeihiko Inoue
Volumi: 31 (originali)/ 20 (nuova edizione)
Casa editrice: Planet Manga
Episodi: 101
Casa di produzione: Toei Animation
Anno: 1993-1996

Sinossi

Nel corso delle scuole medie Hanamichi Sakuragi, 15 anni, è stato rifiutato dalla bellezza di cinquanta ragazze. Le cose sembrano cambiare quando, ormai studente di scuola superiore, viene avvicinato dalla coetanea Haruko... Peccato che lei lo faccia esclusivamente perché, data la sua altezza, lo vedrebbe bene come giocatore di basket nel club della scuola! E, peggio ancora, poco dopo scopre che la ragazza è innamorata di Kaede Rukawa, astro nascente del basket studentesco che frequenta la loro stessa scuola! Hanamichi non ha la minima idea di come si giochi ma per far colpo sulla ragazza farebbe di tutto... Che sia nata una stella in maniera del tutto causale?

Tre (+1) motivi per scoprire Slam Dunk

Personaggi: tanto per cambiare uno dei punti di forza di questo manga/anime è nei personaggi (come ormai avrete intuito, se non amo i personaggi non riesco ad amare una serie)... Ma stavolta il mio affetto non è indirizzato a quelli principali. Sia chiaro, adoro Hanamichi Sakuragi e oggi come vent'anni fa tendo a vergognarmi per le mie cavolate al posto suo, ma il mio cuore appartiene a comprimari come il possente Takenori Akagi, il capitano della squadra di basket che deve gestire un gruppo decisamente vivace, o come il minuto ma irruento Ryota Miyagi... Ma soprattutto appartiene all'uomo copertina di questo post (perché no, la scelta della cover del sesto volume NON è causale), ossia Hisashi Mitsui. Vi dico solo che la storyline della sua introduzione è la parte che ho più rivisto dell'anime e che da mesi sono sui carboni ardenti perché smanio per avere tra le mani il volume in cui viene introdotto... Anche se tecnicamente ce l'ho già perché recuperai il volume della precedente edizione deluxe uscita oltre dieci anni fa.😅
Verità: adoro Slam Dunk per tanti aspetti ma uno di quelli che più apprezzo è il fatto che lo sport non sia solo lo sfondo della storia ma qualcosa di vivo e pulsante a cui tutti questi ragazzi si dedicano con estrema passione... E lo sport, come nella realtà, porta gioie e dolori. Il bello di Slam Dunk è che in questo manga il basket è il sogno della vita per tanti ma non è detto che questo si realizzi, trasmettendo la passione per questo sport (è riuscito persino a spingere una mummia del mio calibro a imparare a tirare a canestro!) ma anche la consapevolezza che la vittoria è una questione di prospettiva.
Nuova edizione: vi spiego come sono andate le cose: ero un'ingenua adolescente quando scoprii l'anime di Slam Dunk, lessi il manga grazie ad un amico che me lo prestò e come una cretina acquistai il manga solo a partire dal momento in cui si interrompe l'anime, recuperando successivamente solo il volume dell'edizione deluxe in cui era contenuta buona parte della storia di Mitsui. Pessima idea, dato che quella serializzazione, che costicchiava, venne interrotta uno o due volumi dopo quello che acquistai ed io non ebbi modo di recuperarlo. In mio soccorso è arrivata la nuova edizione, che non è esattamente economica neanche lei ma in compenso è una meraviglia del creato che vale la spesa 😍 sia per le magnifiche sovraccoperte sia per la lunghezza dei volumi (non per nulla i volumi saranno dieci in meno rispetto all'edizione classica).
Comicità: Slam Dunk è un manga che ha momenti molto seri... Ma si ride anche TANTISSIMO! Hanamichi Sakuragi è un demente di prim'ordine con un gruppo di amici assurdo nonché un catalizzatore di idiozia senza pari... E vi assicuro che lui è solo la punta dell'iceberg. Guardare questo anime è un toccasana per l'anima e l'adattamento italiano, per quanto io ignori quanto sia fedele all'originale, vi farà impazzire. Mi ci gioco la dentiera. (citazione colta del succitato adattamento😝)


Klove - Recensione di Mysticmoon


Klove – Ilaria Militello
Recensione di Mysticmoon

Titolo: Klove
Autore: Ilaria Militello
Genere: romance
Editore: Pubme
Pagine: 346
ISBN: 9788833662213

Quando parte per la Corea del Sud in compagnia della sua famiglia e di quella dei più cari amici dei suoi genitori, la giovanissima Elisa non sta vivendo un momento molto semplice: dopo il diploma vorrebbe fare della sua passione per il disegno una professione, ma le aspettative del padre medico la vogliono occupata in una corsia ospedaliera  e probabilmente al suo rientro in patria sarà costretta a seguire quest'ultima strada.
La giovane non immagina che il suo destino la aspetti dall'altra parte del mondo...


Si ringrazia l'autrice per aver fornito una copia del romanzo in cambio di una recensione onesta
Odio dare pareri negativi ma il romanzo Klove di Ilaria Militello non sono riuscita ad apprezzarlo.
Sulla carta ho trovato questo romanzo molto promettente: una ragazza arriva in Corea del Sud per una vacanza e, nonostante le barriere linguistiche, si innamora non solo di un ragazzo del posto ma anche di questo paese.
L'idea di base di questo romanzo mi è piaciuta molto, complice anche la scelta dell'ambientazione, ma ho trovato che il risultato finale sia stato abbastanza mediocre.
Inizio la mia recensione specificando che il mio giudizio negativo dipende in primis da una valutazione di tipo tecnico; secondo me un buon editing avrebbe di certo giovato al romanzo, che presenta davvero molti punti problematici proprio nella stessa scrittura.
È mia modesta opinione che uno dei più grossi problemi di questo romanzo sia la presenza di fin troppi errori.
Se qualche errore di battitura può scappare anche alla più grande delle case editrici e per questo mi è facile perdonarli, in questo caso specifico mi sono trovata davanti a fin troppe sviste, in particolare le molteplici frasi in cui era assente la concordanza tra i tempi verbali.
Valutando la scrittura nel suo complesso, ho trovato lo stile dell’autrice molto semplice e per questo adatto al tipo di storia; nonostante in un primo momento la costruzione delle frasi e le scelte lessicali, combinandosi con la trama, mi avessero dato l’impressione di trovarmi davanti a una scrittrice abbastanza acerba, riflettendoci sono arrivata alla conclusione che la scrittura dell’autrice fosse perfetto per questa storia, che essendo narrata in prima persona dai suoi giovani protagonisti ha acquistato realismo grazie ad un linguaggio semplice ed immediato che permette al lettore di immergersi completamente nell'atmosfera della storia ed entrare in empatia con i personaggi; ovviamente questa magia funziona poco con chi non è più un ragazzino, ma ho apprezzato lo sforzo.
Altro tasto dolente di Klove è la gestione delle lingue all'interno della storia. Non sono riuscita a trovare il senso della scelta di inserire la versione "ridotta" dei dialoghi in coreano o giapponese all'interno della storia per poi creare un'appendice in cui questi sono espressi nella loro completezza ed in versione bilingue, tra l’altro senza creare un sistema di riferimento chiaro che rimandi ai singoli dialoghi.
Si voleva osare? Allora all'interno della storia si inseriva il dialogo intero in coreano inserendo poi una nota a piè di pagina o in chiusura del capitolo con la traduzione.
Si voleva andare sul sicuro? Si scrive tutto in italiano e nell'appendice si riporta il dialogo in coreano, anche in questo caso inserendo il tutto in un sistema che eviti al lettore di impazzire per trovare il dialogo a cui ci si riferisce.
Così come è adesso mi ha dato l’impressione che la lingua straniera sia stata inserita con il mero scopo di dare un tocco esotico all’intera vicenda, che è cosa buona e giusta, ma così facendo si spezza continuamente il filo della narrazione, costringendo il lettore interessato al dialogo in lingua a interrompere la lettura per cercare il dialogo in chiusura del romanzo, talvolta faticosamente perché non esistono riferimenti che gli permettano di rintracciarlo con immediatezza.
Mi spiace ma quella scelta stilistica proprio non l'ho apprezzata, ed è un vero peccato perché senza tutte queste pause quasi obbligate (quasi, perché il lettore non interessato potrebbe anche decidere di saltarle), la storia sarebbe un gradevole e scorrevole romance adolescenziale con protagonisti decisamente piacevoli, una certa cura per l'ambientazione e colpi in scena che non sfigurerebbero in un qualsiasi kdrama, anche se a volte viene messa a dura prova la sospensione dell’incredulità del lettore, soprattutto nel caso si sia un po’ più maturi del target di riferimento, vista la presenza di diverse ingenuità inserite al fine di far progredire la storia nella giusta direzione.
In conclusione devo ammettere che Klove non mi è piaciuto un granché: è una storia carina e con del potenziale sia per quanto riguarda l’ambientazione sia per quanto riguarda i personaggi, ma viene inesorabilmente affossata dalle molteplici imperfezioni tecniche che ne smorzano lo slancio.
Peccato.