SEGNALAZIONE #81
BORDERLINE
Peccatori senza colpa
Peccatori senza colpa
TITOLO: Borderline - Peccatori senza colpa
«Noi non ci conosciamo, mi sembra.»
«No, dottore, infatti sono venuta a presentarmi.»
«Prego, si accomodi.»
Nel frattempo, ho tirato fuori dalla borsa le cartelle mediche, con lentezza, e le ho sistemate meticolosa sulla scrivania, rivolte verso di lui.
«Prendo molti medicinali, dottore» gli spiego, cercando di sostenere il suo sguardo «non volevo venire qua a farmi fare delle ricette senza spiegarle il motivo» continuo «sa, sono stata ricoverata nella primavera del 2009, per tre settimane, e queste sono le mie cartelle cliniche.»
Il medico apre le buste e comincia a leggere i fogli.
«D’accordo» spezza il silenzio, infine, tornando a guardarmi «leggerò questa documentazione, ma lei cos’ha da dirmi?»
«Cosa vuole che le dica?» rispondo sulle spine «sono stata ricoverata in una clinica psichiatrica, a Modena. Per Depressione Maggiore, c’è scritto. Io non so spiegarle quello che sia successo davvero; l’ho chiesto spesso ai medici, ma sono sempre stati evasivi. Non saprei che dirle e proprio per questo le ho portato...»
«So leggere benissimo le sue cartelle cliniche» mi interrompe, capendomi al volo «ma ogni individuo è una storia a sé e vorrei che lei mi parlasse della sua perché, se io leggo, mi perdo i suoi sguardi, le sue emozioni, la sua personale versione che, converrà, è più importante di qualsiasi cartella clinica. È d’accordo?»
«Penso di sì…»
Cerco di spiegargli i motivi che mi hanno portata in clinica e come abbia vissuto questo episodio. Mi ascolta attento, poi mi fa una domanda che non capisco subito.
«Non c’è scritto solo Depressione Maggiore, lo legge? Cosa c’è scritto?»
«C’è scritto disturbi di personalità con tratti riferibili al Cluster B» cito a memoria corrugando la fronte. Quella cartella l’ho studiata più e più volte per cercare un significato ai miei comportamenti.
«Esatto. Ne comprende il significato?»
Scuoto la testa, disorientata.
«Lei è borderline» sentenzia quasi in un sussurro affettuoso.
Piango.
Era febbraio 2009 e tornavo da Bologna, dove in quel periodo avevo un impiego. Che stavo perdendo. A fine mese anche quell’avventura lavorativa si sarebbe conclusa e pensavo a ciò avrebbe detto mia zia, con cui condividevo le spese dell’appartamento in cui vivevo (da sola, ma grazie a lei); riflettevo sull’idea che tutta la famiglia aveva di me: una nullafacente sempre mantenuta da qualcuno. Fu un attimo fissare il TIR che sopraggiungeva lungo la corsia opposta e le braccia per un soffio non sterzarono. Non ci sarebbe voluto molto per crepare e avrei di colpo sistemato tutti i problemi: economici, psicologici, relazionali. Tutto soffiato via con una svolta al momento giusto.
Invece piansi e tirai dritto. Non ero capace nemmeno di farla finita. Non ero capace di nulla.
Era giunto il momento di andare dalla dottoressa e spiegare che qualcosa non andava. Ancora un po’ di lucidità mi era rimasta.
Mi prescrisse qualche goccia di Cipralex. Sapevo che ci sarebbe voluto del tempo perché l’antidepressivo facesse effetto, ma mi aiutò a sentirmi già più tranquilla. Stavo male, malissimo, ma sapevo che qualcuno vegliava su di me e questo può fare la differenza.
Il mio problema era sempre stata quella maledetta solitudine. Non parlo di avere fidanzati, di quelli ne avevo avuti anche troppi. Avevo avuto più morosi che compleanni. Una serie sterminata di fallimenti emotivi che aveva solo scavato ogni volta più a fondo il grande buco che avevo sotto lo sterno. No, non era la solitudine sentimentale che mi devastava. Era la solitudine esistenziale. Nessuno aveva pietà di me, mai nessuno. Persino l’uomo che più a lungo di tutti aveva condiviso una storia emotiva con me, non ne aveva avuta.
Ero troppo intelligente perché qualcuno potesse compatirmi. Tutti pretendevano il massimo o, almeno, si aspettavano che sarei stata capace di assestarmi in una vita mediocre, ma stabile. Invece ero incapace sia di grandi imprese che di progetti più comuni. Non riuscivo a tenermi un compagno, non riuscivo a tenermi un lavoro e di conseguenza non riuscivo a tenermi una casa. C’era sempre bisogno che qualcuno corresse in mio aiuto e sapevo – e come se lo sapevo! – che tutti, soprattutto i parenti più stretti, mi giudicavano per questo. Persino Vieri, il mio ex fidanzato, mi giudicava e per questi motivi non aveva voluto dare fiducia al nostro rapporto.
Cosa ne sarebbe stato di me?
Amazon
Sito casa editrice
Facebook casa editrice
Mail casa editrice
Instagram casa editrice
AUTORE: Laura Massera
GENERE: autobiografia
GENERE: autobiografia
EDITORE: Brè Edizioni
NUMERO DI PAGINE: 148
DATA DI PUBBLICAZIONE: 23 gennaio 2022
ASIN: B09R284HR8
PREZZO E-BOOK: 2,99€ (disponibile su Kindle Unlimited)
ISBN: 9791259701411
ISBN: 9791259701411
PREZZO CARTACEO: 11€
SINOSSI
Laura è affetta da “Disturbo Borderline di Personalità”. È costretta ad assumere antidepressivi e, negli anni, ha dovuto sottoporsi a lunghi ricoveri presso cliniche specializzate. In questo diario ci spiega, parlando di se stessa, com’è la vita per una donna considerata “pazza”. Racconti densi di sofferenza, ma episodi legati anche alla speranza. Una disamina attenta a scrupolosa, a volte cinica, altre volte ironica. Si può guarire da questo tipo di patologie o ci si salva per sfinimento?
Testimonianze piene di emozioni, di cadute e di risalite. Una ragazza emarginata dalla società come se dovesse espiare una colpa, ma l’unico peccato che ha commesso è quello di lottare per uscire da una situazione che la rende schiava di farmaci e psicoterapie. Un libro per sorreggere chi chiede aiuto. Un’opera dove il sentimento va di pari passo con le interessanti e numerose informazioni mediche. Con la speranza che possa essere di aiuto a chi soffre di questa patologia, e di sovente non viene compresa, aiutata, sostenuta.
BIOGRAFIA
Laura Massera, Modena, 15 marzo 1971. Dopo aver girato alcune parti del Pianeta e del Paese, è tornata sul suolo emiliano, nella bassa, stavolta, in quel di Pico. Dopo il Diploma di Maturità Artistica ha intrapreso il lungo cammino sulla via della seta con un Diploma di Laurea in Lingue e Civiltà Orientali conseguito a Ca’ Foscari, Venezia, nel 2008. Negli anni ’90 ha collaborato al progetto “La Barbagianna: Una casa per l'arte contemporanea”, per Alessandra Borsetti Venier - Morgana Edizioni, Firenze, venendo a contatto con diverse realtà e dimensioni creative. Ha alle spalle tre romanzi pubblicati con Damster Edizioni di Modena, di cui due ritirati, e numerose apparizioni in antologie a partecipazione diretta o per concorso.
È stata fondatrice e presidente dell’Associazione culturale Echidna Editing, nonché dell’affiliato gruppo letterario Facebook: I Parolanti, che hanno dato vita a un blog ricco di buoni testi, e ad alcune pubblicazioni gratuite su Amazon. Continua a scrivere e a lavorare come editor freelance.
Testimonianze piene di emozioni, di cadute e di risalite. Una ragazza emarginata dalla società come se dovesse espiare una colpa, ma l’unico peccato che ha commesso è quello di lottare per uscire da una situazione che la rende schiava di farmaci e psicoterapie. Un libro per sorreggere chi chiede aiuto. Un’opera dove il sentimento va di pari passo con le interessanti e numerose informazioni mediche. Con la speranza che possa essere di aiuto a chi soffre di questa patologia, e di sovente non viene compresa, aiutata, sostenuta.
BIOGRAFIA
Laura Massera, Modena, 15 marzo 1971. Dopo aver girato alcune parti del Pianeta e del Paese, è tornata sul suolo emiliano, nella bassa, stavolta, in quel di Pico. Dopo il Diploma di Maturità Artistica ha intrapreso il lungo cammino sulla via della seta con un Diploma di Laurea in Lingue e Civiltà Orientali conseguito a Ca’ Foscari, Venezia, nel 2008. Negli anni ’90 ha collaborato al progetto “La Barbagianna: Una casa per l'arte contemporanea”, per Alessandra Borsetti Venier - Morgana Edizioni, Firenze, venendo a contatto con diverse realtà e dimensioni creative. Ha alle spalle tre romanzi pubblicati con Damster Edizioni di Modena, di cui due ritirati, e numerose apparizioni in antologie a partecipazione diretta o per concorso.
È stata fondatrice e presidente dell’Associazione culturale Echidna Editing, nonché dell’affiliato gruppo letterario Facebook: I Parolanti, che hanno dato vita a un blog ricco di buoni testi, e ad alcune pubblicazioni gratuite su Amazon. Continua a scrivere e a lavorare come editor freelance.
ESTRATTO
Consapevolezze (marzo 2012)
«Noi non ci conosciamo, mi sembra.»
«No, dottore, infatti sono venuta a presentarmi.»
«Prego, si accomodi.»
Nel frattempo, ho tirato fuori dalla borsa le cartelle mediche, con lentezza, e le ho sistemate meticolosa sulla scrivania, rivolte verso di lui.
«Prendo molti medicinali, dottore» gli spiego, cercando di sostenere il suo sguardo «non volevo venire qua a farmi fare delle ricette senza spiegarle il motivo» continuo «sa, sono stata ricoverata nella primavera del 2009, per tre settimane, e queste sono le mie cartelle cliniche.»
Il medico apre le buste e comincia a leggere i fogli.
«D’accordo» spezza il silenzio, infine, tornando a guardarmi «leggerò questa documentazione, ma lei cos’ha da dirmi?»
«Cosa vuole che le dica?» rispondo sulle spine «sono stata ricoverata in una clinica psichiatrica, a Modena. Per Depressione Maggiore, c’è scritto. Io non so spiegarle quello che sia successo davvero; l’ho chiesto spesso ai medici, ma sono sempre stati evasivi. Non saprei che dirle e proprio per questo le ho portato...»
«So leggere benissimo le sue cartelle cliniche» mi interrompe, capendomi al volo «ma ogni individuo è una storia a sé e vorrei che lei mi parlasse della sua perché, se io leggo, mi perdo i suoi sguardi, le sue emozioni, la sua personale versione che, converrà, è più importante di qualsiasi cartella clinica. È d’accordo?»
«Penso di sì…»
Cerco di spiegargli i motivi che mi hanno portata in clinica e come abbia vissuto questo episodio. Mi ascolta attento, poi mi fa una domanda che non capisco subito.
«Non c’è scritto solo Depressione Maggiore, lo legge? Cosa c’è scritto?»
«C’è scritto disturbi di personalità con tratti riferibili al Cluster B» cito a memoria corrugando la fronte. Quella cartella l’ho studiata più e più volte per cercare un significato ai miei comportamenti.
«Esatto. Ne comprende il significato?»
Scuoto la testa, disorientata.
«Lei è borderline» sentenzia quasi in un sussurro affettuoso.
Piango.
Frammenti sparsi di ricordi. Ritorno da Bologna (Mirandola 2021)
Era febbraio 2009 e tornavo da Bologna, dove in quel periodo avevo un impiego. Che stavo perdendo. A fine mese anche quell’avventura lavorativa si sarebbe conclusa e pensavo a ciò avrebbe detto mia zia, con cui condividevo le spese dell’appartamento in cui vivevo (da sola, ma grazie a lei); riflettevo sull’idea che tutta la famiglia aveva di me: una nullafacente sempre mantenuta da qualcuno. Fu un attimo fissare il TIR che sopraggiungeva lungo la corsia opposta e le braccia per un soffio non sterzarono. Non ci sarebbe voluto molto per crepare e avrei di colpo sistemato tutti i problemi: economici, psicologici, relazionali. Tutto soffiato via con una svolta al momento giusto.
Invece piansi e tirai dritto. Non ero capace nemmeno di farla finita. Non ero capace di nulla.
Era giunto il momento di andare dalla dottoressa e spiegare che qualcosa non andava. Ancora un po’ di lucidità mi era rimasta.
Mi prescrisse qualche goccia di Cipralex. Sapevo che ci sarebbe voluto del tempo perché l’antidepressivo facesse effetto, ma mi aiutò a sentirmi già più tranquilla. Stavo male, malissimo, ma sapevo che qualcuno vegliava su di me e questo può fare la differenza.
Il mio problema era sempre stata quella maledetta solitudine. Non parlo di avere fidanzati, di quelli ne avevo avuti anche troppi. Avevo avuto più morosi che compleanni. Una serie sterminata di fallimenti emotivi che aveva solo scavato ogni volta più a fondo il grande buco che avevo sotto lo sterno. No, non era la solitudine sentimentale che mi devastava. Era la solitudine esistenziale. Nessuno aveva pietà di me, mai nessuno. Persino l’uomo che più a lungo di tutti aveva condiviso una storia emotiva con me, non ne aveva avuta.
Ero troppo intelligente perché qualcuno potesse compatirmi. Tutti pretendevano il massimo o, almeno, si aspettavano che sarei stata capace di assestarmi in una vita mediocre, ma stabile. Invece ero incapace sia di grandi imprese che di progetti più comuni. Non riuscivo a tenermi un compagno, non riuscivo a tenermi un lavoro e di conseguenza non riuscivo a tenermi una casa. C’era sempre bisogno che qualcuno corresse in mio aiuto e sapevo – e come se lo sapevo! – che tutti, soprattutto i parenti più stretti, mi giudicavano per questo. Persino Vieri, il mio ex fidanzato, mi giudicava e per questi motivi non aveva voluto dare fiducia al nostro rapporto.
Cosa ne sarebbe stato di me?
LINK UTILI
Amazon
Sito casa editrice
Facebook casa editrice
Mail casa editrice
Instagram casa editrice
Nessun commento:
Posta un commento