Piste di lacrime - Recensione di Mysticmoon


Piste di lacrime – Aurelia Raszkiewicz
Recensione di Mysticmoon

Titolo: Piste di lacrime
Autore: Aurelia Raszkiewicz
Traduttore: Augusto Fonseca
Genere: storico
Editore: Deltaedit
Pagine:160
ISBN: 9788890267970

Si ringrazia Augusto Fonseca per aver fornito una copia del libro

Ho scelto deliberatamente di non fornirvi una sinossi di questa testimonianza per evitare inutili ripetizioni in una recensione che voglio sia priva di fronzoli ma ricca di sentimenti, in linea con il libro scritto da Aurelia Raszkiewicz.
Piste di lacrime è la storia di Aurelia e di tanti altri polacchi che come lei sono rimaste vittime di un patto segreto firmato il 23 agosto 1939 dal ministro degli esteri sovietico Vjačeslav Molotov e da quello tedesco Joachim von Ribbentrop, uno scellerato accordo che, oltre a sancire la non belligeranza tra Unione Sovietica e Germania, regolava un ipotetico futuro smembramento dello stato polacco da parte delle due nazioni; la Polonia venne invasa dalle truppe del Terzo Reich soltanto una settimana dopo questo accordo e alla metà di settembre fu la volta dell’Armata Rossa di occupare il paese; Pinsk, la città in cui Aurelia era nata e cresciuta, si trovava nell’area d’influenza sovietica.
Questo breve libro è la testimonianza di quanto patito da Aurelia a partire dall’autunno del 1939, quando aveva appena undici anni e ha visto le truppe sovietiche prima portare via suo padre e, qualche mese dopo, è stata strappata dalla sua casa assieme ai tre fratelli minori ed ai nonni materni per essere deportata in Siberia, quella che si rivelerà essere soltanto la prima tappa di un esilio che di fatto non ha mai avuto fine.
Questo libro colpisce per la sua semplicità ed intensità: Aurelia Raszkiewicz narra con voce limpida e semplice quanto male le abbia inferto la deportazione da parte di una forza maggiore ma al tempo stesso elogia l’umanità dei suoi compagni di viaggio e delle popolazioni che ha incontrato nel suo pellegrinaggio, decantandone i pregi e testimoniando quanto bene si possa trovare anche in situazioni tanto dolorose, dando modo al lettore di vedere un barlume di speranza in quella che di fatto era una tragedia.
Quello che più mi ha fatto male tra le pagine è la sensazione di perdita che traspare da questa testimonianza: la gelida notte in cui Aurelia venne strappata dal suo letto e allontanata dall’abitazione dei nonni è stata quella in cui ha perso in maniera brutale e definitiva la sua Casa, intesa al tempo stesso sia come il nido familiare in cui aveva vissuto felicemente i suoi primi undici anni di vita con la sua famiglia sia la sua patria, un luogo che l’autrice descrive quasi come un paradiso terrestre, un luogo probabilmente idilliaco anche dalla crudele realtà di un incolmabile distacco.
Sanare una simile ferita dell’anima non è possibile neanche quando l’esule riesce a tornare in quei luoghi, quindi è ancora più doloroso pensare che la fine della guerra non riporta a Casa una Aurelia che da tempo ha lasciato alle sue spalle le gioie dell’infanzia: con la fine del conflitto la regione in cui si trova la sua Pinsk, la Polesia, non tornò ad essere parte del territorio polacco ma rimase in mano all’Unione Sovietica fino a quando, nel luglio del 1990, la Bielorussia non dichiarò la propria indipendenza.
Una delle piste di lacrime di Aurelia è quella che porta a quel luogo e a quella famiglia che Aurelia descrive nelle prime pagine del libro e che alla sua conclusione non esistono più; qualcuno non tornerà più dai suoi cari e con la perdita di quella terra è andato smarrito anche un pezzo della propria anima.
Quella di Aurelia è la storia di tanti bambini, costretti ad abbandonare l’infanzia anzitempo a causa di un conflitto devastante, obbligati a lavorare fino allo stremo delle forze per ottenere a malapena quanto basta per sopravvivere nonostante la loro colpa sia esclusivamente quella di essere nati in un particolare luogo, bambini a cui è stato imposto di lottare per riuscire a vedere sorgere nuovamente il sole con la consapevolezza di essere come erba sotto gli stivali chiodati di un’entità molto più grande di loro.
L’esilio di Aurelia è un viaggio che strazia il cuore del lettore e gli apre gli occhi su una realtà meno nota di quella dei campi di concentramento ma altrettanto crudele; una ferita che non bisognerebbe mai dimenticare ma che, triste ma vero, la comodità ha iniziato a far sbiadire nell’anima di coloro che ne hanno vissuto le conseguenze.


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