SEGNALAZIONE #49
AUTORE: Ivano Mingotti
GENERE: umoristico
GENERE: umoristico
EDITORE: Brè Edizioni
NUMERO DI PAGINE: 184
DATA DI PUBBLICAZIONE: 1 luglio 2021
ASIN: B09HFVCYYQ
PREZZO E-BOOK: 2,99€ (disponibile su Kindle Unlimited)
ISBN: 9791259701008
ISBN: 9791259701008
PREZZO CARTACEO: 12€
SINOSSI
Pietro è un truffatore senza remore né paura; gode del brivido di fregare l'altro e di scamparla, e la sua vita è costellata da continue fughe e tradimenti. Un bel giorno, però, il mondo decide di finire. E Pietro non può certo truffare l'Apocalisse. Una tragicommedia ambientata nell’Italia attuale, mentre i Quattro Cavalieri danno fuoco al mondo e Gesù Cristo fa surf sulla Statale 33. Un romanzo dissacrante, divertente, per sorridere mentre si riflette su concetti profondi.
BIOGRAFIA
Ivano Mingotti, classe 1988, è autore di romanzi, sceneggiatore e creator. Ha all'attivo 13 romanzi pubblicati per medio-piccoli editori, 3 sceneggiature teatrali depositate in SIAE e gestisce il canale Youtube “BookTopics” attraverso il quale intervista personalità di spicco del panorama nazionale italiano (tra gli altri Marco Rizzo, Cicap, Inaf, etc.). Ha gestito per anni le collane Nuove Luci e Idea di Amande Edizioni.
ESTRATTO
Sì, Lui. Per la terza volta di fila passa davanti a casa mia pattinando sulla via, avanti e indietro. La veste lunga, di un bianco candido, una coroncina sulla testa, lunghi capelli sulla carnagione olivastra. Sì, schettina direttamente sul cemento. Peccato che non indossi nessun pattino, sta pattinando sulla strada a piedi nudi, così come camminava un tempo sull’acqua, a quanto si dice. Perché non può essere che lui.
Gesù Cristo.
Rimango sbalordito a osservarlo, il ciuchino che lo fissa mentre torna e va, torna e va di nuovo. Mi chiedo se sia qui per me o se si stia solo divertendo, certo la coincidenza è devastante. Tasto il bancone della cucina con la punta delle dita in cerca del bicchiere d’acqua lasciato poco prima senza scollarmi dalla finestra, e non riesco a slacciare gli occhi da Lui. È pure bravo, a pattinare. Insomma, mi verrebbe da dire che pattina da Dio, ma è troppo scontata come battuta.
Alla quinta volta che passa mi nota di sfuggita, e al suo ritorno fa un breve giro su se stesso tenendo i piedi a papera, quindi si mette anche Lui a fissarmi. Rimaniamo così per chissà quanto.
«Ehi!» mi strilla dalla strada.
Io mi guardo intorno, cerco alle mie spalle, quindi punto un dito sul mio petto, come a chiedere se si stia rivolgendo davvero a me.
«Vedi qualcun altro?» mi fa.
Scuoto la testa, no, è ovvio che stia parlando con me.
«Ti ho visto che mi spiavi» grida.
Gesticolo, gli faccio capire che no, non stavo assolutamente spiando. Quello viene più vicino, pattinando ora anche sull’erba del giardino, deviando per superare ciuchino con una manovra elegante, quindi arrivando alla finestra, a pochi centimetri dalla mia faccia. Batte sul vetro.
«Apri.»
Annuisco, e cerco un modo per girare la maniglia. Sono nervoso, impacciato, ho davvero difficoltà ad aprire.
«Va bene, ho capito» e batte le mani. Incredibilmente, la finestra mi si apre davanti, come se il vetro non fosse mai esistito, mentre una breve brezza prende a solleticarmi il viso. Sento l’odore di Gesù Cristo, è buono: non so che profumo mi ricordi, ma qualcosa di ricco, fruttato.
«Allora, perché mio padre ti manda a spiarmi?» mi chiede.
«No no, io...»
«Dai, per favore. Non c’è bisogno di fare tutti questi giri. Cosa ti ha promesso?»
«No no, sul serio, non la stavo guardando, io...» cerco di farfugliare qualcosa.
«Come no.»
«No no, glielo giuro!»
«Certo, stavi solo sorseggiando un bicchiere di vino guardando le nuvole in cielo, vero?»
«No no, è acqua!» mi volto per cercare il bicchiere e farglielo vedere. Lo prendo in mano, e appena mi volto per mostrarglielo il contenuto si rabbuia, diventa violaceo, è tale e quale al vino rosso. Porco cane.
«Eh lo so, succede.»
«Ma io...» farfuglio di nuovo. Porto il bicchiere davanti al volto, cerco di capire.
«Piaciuto? Te l’ho fatto addirittura no look. Figo, no?» sembra divertito.
«Sì, figo.»
«Assaggia, su.»
Annuisco. Porto il bicchiere alla bocca con una certa paura, quindi butto giù un sorso. Che Dio mi fulmini se non è Barbera.
«O preferivi un Sangue di Giuda?» mi chiede, divertito.
«No no.»
«Allora, perché mi vuol far spiare?»
«Non lo so, io ero soltanto...» non faccio in tempo a finire la frase che mi ficca un indice teso davanti alla bocca.
«Shhhh. Non c’è bisogno. So benissimo quanto può essere persuasivo mio padre, su. Che ti ha promesso, la vita eterna? Un posto alla sua destra? No, aspetta!»
«Cosa?» cerco di mormorare, con la bocca mezza tappata dal suo dito.
«Un attico in Paradiso. Ecco, lo sapevo, di nuovo. Santo cielo!» e finalmente mi toglie il dito dalla bocca.
«Io non...»
«No no no, lo capisco. Voi mortali siete così, non potete farci niente. Vi fanno una promessa, vi prendete bene, e tac, ci cascate. Che poi non capisco perché voglia farmi spiare. È la fine del mondo, potrò divertirmi un po’, no?»
Annuisco, sono decisamente spaventato: ho notato sotto il dito teso una delle due stigmate, in pieno palmo.
«Vabbè dai, perdonato, non ti preoccupare. Ma tu come ti chiami, hai detto?»
«Pietro.»
«Ah sì, Pietro. Bel nome eh. Eh, certo che... no no, scusami, solo brutti ricordi. Quando un amico ti tradisce così, sai...»
«Ti tradisce?»
«Sì sì, tradisce, tradisce. Ma roba di secoli fa, non preoccuparti. È che è un po’ una ferita aperta» e si strofina il mento con la mano, la stigma in bella vista.
«Eh, aperta» mormoro.
«Che devo dirti la verità, eh, dopo quella storia della crocifissione avevo anche una mezza idea di mandarvi tutti a fanculo e chiedere a papà il favore di mandarvi all’inferno, ma sai, mio padre non avrebbe mai accettato. Sai com’è, il suo grande piano.»
«All’inferno?» biascico.
«Sì, l’inferno. Sai, quello con le fiamme altissime, i diavoli che ti pungono il sedere, le punizioni. L’inferno, insomma. Te ne avrà parlato papà.»
«In realtà no.»
«Ma sì, Pietro, dai, lo so che usa sempre la minaccia dell’inferno con voi, non fare il timido. A me puoi anche dirlo, a volte è davvero antipatico. Sì, molto antipatico, a volte. È che quando sei lassù ti credi chissà chi e... capisci?»
«Certo, certo» butto giù un altro sorso di vino. Me ne servirebbe una bottiglia intera, diamine. Continuo a fissargli le stigmate, e dalla fronte ha cominciato a scendergli una lacrima di sangue.
Gesù Cristo.
Rimango sbalordito a osservarlo, il ciuchino che lo fissa mentre torna e va, torna e va di nuovo. Mi chiedo se sia qui per me o se si stia solo divertendo, certo la coincidenza è devastante. Tasto il bancone della cucina con la punta delle dita in cerca del bicchiere d’acqua lasciato poco prima senza scollarmi dalla finestra, e non riesco a slacciare gli occhi da Lui. È pure bravo, a pattinare. Insomma, mi verrebbe da dire che pattina da Dio, ma è troppo scontata come battuta.
Alla quinta volta che passa mi nota di sfuggita, e al suo ritorno fa un breve giro su se stesso tenendo i piedi a papera, quindi si mette anche Lui a fissarmi. Rimaniamo così per chissà quanto.
«Ehi!» mi strilla dalla strada.
Io mi guardo intorno, cerco alle mie spalle, quindi punto un dito sul mio petto, come a chiedere se si stia rivolgendo davvero a me.
«Vedi qualcun altro?» mi fa.
Scuoto la testa, no, è ovvio che stia parlando con me.
«Ti ho visto che mi spiavi» grida.
Gesticolo, gli faccio capire che no, non stavo assolutamente spiando. Quello viene più vicino, pattinando ora anche sull’erba del giardino, deviando per superare ciuchino con una manovra elegante, quindi arrivando alla finestra, a pochi centimetri dalla mia faccia. Batte sul vetro.
«Apri.»
Annuisco, e cerco un modo per girare la maniglia. Sono nervoso, impacciato, ho davvero difficoltà ad aprire.
«Va bene, ho capito» e batte le mani. Incredibilmente, la finestra mi si apre davanti, come se il vetro non fosse mai esistito, mentre una breve brezza prende a solleticarmi il viso. Sento l’odore di Gesù Cristo, è buono: non so che profumo mi ricordi, ma qualcosa di ricco, fruttato.
«Allora, perché mio padre ti manda a spiarmi?» mi chiede.
«No no, io...»
«Dai, per favore. Non c’è bisogno di fare tutti questi giri. Cosa ti ha promesso?»
«No no, sul serio, non la stavo guardando, io...» cerco di farfugliare qualcosa.
«Come no.»
«No no, glielo giuro!»
«Certo, stavi solo sorseggiando un bicchiere di vino guardando le nuvole in cielo, vero?»
«No no, è acqua!» mi volto per cercare il bicchiere e farglielo vedere. Lo prendo in mano, e appena mi volto per mostrarglielo il contenuto si rabbuia, diventa violaceo, è tale e quale al vino rosso. Porco cane.
«Eh lo so, succede.»
«Ma io...» farfuglio di nuovo. Porto il bicchiere davanti al volto, cerco di capire.
«Piaciuto? Te l’ho fatto addirittura no look. Figo, no?» sembra divertito.
«Sì, figo.»
«Assaggia, su.»
Annuisco. Porto il bicchiere alla bocca con una certa paura, quindi butto giù un sorso. Che Dio mi fulmini se non è Barbera.
«O preferivi un Sangue di Giuda?» mi chiede, divertito.
«No no.»
«Allora, perché mi vuol far spiare?»
«Non lo so, io ero soltanto...» non faccio in tempo a finire la frase che mi ficca un indice teso davanti alla bocca.
«Shhhh. Non c’è bisogno. So benissimo quanto può essere persuasivo mio padre, su. Che ti ha promesso, la vita eterna? Un posto alla sua destra? No, aspetta!»
«Cosa?» cerco di mormorare, con la bocca mezza tappata dal suo dito.
«Un attico in Paradiso. Ecco, lo sapevo, di nuovo. Santo cielo!» e finalmente mi toglie il dito dalla bocca.
«Io non...»
«No no no, lo capisco. Voi mortali siete così, non potete farci niente. Vi fanno una promessa, vi prendete bene, e tac, ci cascate. Che poi non capisco perché voglia farmi spiare. È la fine del mondo, potrò divertirmi un po’, no?»
Annuisco, sono decisamente spaventato: ho notato sotto il dito teso una delle due stigmate, in pieno palmo.
«Vabbè dai, perdonato, non ti preoccupare. Ma tu come ti chiami, hai detto?»
«Pietro.»
«Ah sì, Pietro. Bel nome eh. Eh, certo che... no no, scusami, solo brutti ricordi. Quando un amico ti tradisce così, sai...»
«Ti tradisce?»
«Sì sì, tradisce, tradisce. Ma roba di secoli fa, non preoccuparti. È che è un po’ una ferita aperta» e si strofina il mento con la mano, la stigma in bella vista.
«Eh, aperta» mormoro.
«Che devo dirti la verità, eh, dopo quella storia della crocifissione avevo anche una mezza idea di mandarvi tutti a fanculo e chiedere a papà il favore di mandarvi all’inferno, ma sai, mio padre non avrebbe mai accettato. Sai com’è, il suo grande piano.»
«All’inferno?» biascico.
«Sì, l’inferno. Sai, quello con le fiamme altissime, i diavoli che ti pungono il sedere, le punizioni. L’inferno, insomma. Te ne avrà parlato papà.»
«In realtà no.»
«Ma sì, Pietro, dai, lo so che usa sempre la minaccia dell’inferno con voi, non fare il timido. A me puoi anche dirlo, a volte è davvero antipatico. Sì, molto antipatico, a volte. È che quando sei lassù ti credi chissà chi e... capisci?»
«Certo, certo» butto giù un altro sorso di vino. Me ne servirebbe una bottiglia intera, diamine. Continuo a fissargli le stigmate, e dalla fronte ha cominciato a scendergli una lacrima di sangue.
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