Maradesh,
la stirpe perduta– Marika Misino
Recensione di Mysticmoon
Titolo:
Maradesh, la stirpe perduta
Autore:
Marika Misino
Genere:
Fantasy
Editore:
Autopubblicato
Pagine:
260
Asin:
B078FP11GT
Trama
Sono
ormai lontani i giorni in cui Cora giunse nel regno di Maradesh, una terra
popolata di ninfe, della quale la donna divenne regina e protettrice, creando i
guerrieri magici otron per difenderla dai malvagi malz.
Adesso
sul trono di Maradesh siede re Evis ma, dopo anni di pace, quelle creature
assetate di sangue hanno ripreso le loro scorrerie e grazie alla loro alleanza
con Poarminus hanno ripreso a compiere le loro razzie, tanto che né gli otron né i salck'artrurk, i guerrieri
reali, riescono a fermarli.
L'incontro
tra Bome, un guerriero reale dal tragico passato, e Jò, l'ultimo esponente
dell'ormai estinta razza dei magici mathkai, potrebbe cambiare le cose.
Commento
Mi
spiace molto dirlo, ma nonostante la promettente idea di base, Maradesh La
Stirpe Perduta si è rivelata una delusione piuttosto cocente.
Se
da una parte ho apprezzato la semplicità della storia ed il fatto che,
soprattutto dalla metà in poi, scorra in maniera fluida fino ad un finale
abbastanza originale e che personalmente non mi aspettavo, ho trovato questo
romanzo carente sotto vari punti di vista, di cui il più evidente è la
scrittura dell'autrice, che presenta non pochi problemi dal punto di vista
tecnico, e se dovessi descriverlo direi che è un libro scritto con una gran fretta.
Tralasciando
i numerosi errori che sembrano essere stati causati dalla distrazione, come gli
errori grammaticali e quelli ortografici, e quelli fastidiosi come l'uso
scorretto di alcuni segni di punteggiatura, si notano diverse contraddizioni
all'interno di alcune delle dinamiche di questo mondo fantastico. Sono inoltre
presenti diverse scelte lessicali decisamente poco in linea con la storia
trattata, soprattutto in quei casi in cui vengono messe in bocca ai personaggi
delle espressioni ideomatiche che appartengono al nostro tempo, espressioni del
tutto fuoriluogo perché quello che viene tirato in ballo lì o non esiste, o ha
caratteristiche molto diverse.
Un'altra
caratteristica che può far pensare ci sia stata fretta nella stesura del libro
riguarda la caratterizzazione di questo mondo, la cui origine potrebbe essere
individuata in un problema che l’autrice ha con le descrizioni.
In
genere quando si scrive un libro, ed in particolare quando un autore deve
caratterizzare un mondo nuovo come in questo caso, è necessario dare una forma
sia ai personaggi in scena sia all'ambiente circostante, trascinando il lettore
tra le pagine dandogli modo di visualizzare quanto scritto; con Maradesh la
sottoscritta ha avuto davvero seri problemi a entrare nel libro perché,
soprattutto all'inizio, l'autrice non fornisce molti particolari al lettore che
si trova davanti a termini nuovi che non hanno nessun significato. L’ esempio
più banale è il termine "taptem", davanti alla quale il lettore si
trova di punto in bianco e del quale legge senza avere la minima idea di cosa
sia quella che è genericamente definita "cavalcatura" e che pare
essere in grado sia di spostarsi sul terreno sia in aria, un tipo di essere
vivente che solo dopo molte, troppe pagine, si scopre essere una specie di
leone di dimensioni considerevoli che ha sul dorso delle ali.
D'altro canto, leggendo il romanzo, ho notato una
certa farraginosità nell'inserire le descrizioni all'interno della narrazione
quindi ho compreso che probabilmente l'autrice è assai più brava a narrare gli
eventi piuttosto che a dipingerne l'immagine con le parole, quindi mi sono data
una risposta riguardo a questa carenza e ho apprezzato la scelta di Marika
Misino di cercare di costruire la sua storia più sul ritmo della narrazione.
Infatti una volta entrati nel vivo della storia questa diventa piuttosto
incalzante. Altra nota critica riguarda la caratterizzazione dei suoi
personaggi i quali, eccezion fatta per i principali, il più delle volte
risultano abbastanza abbozzati e per questo, nei dialoghi, appiattiti tutti allo
stesso livello, una cosa che se non mi disturba per quelli più comuni, ho
trovato invece poco gradevole per i leggendari protettori di Maradesh.
Un vero peccato perché, soprattutto nella seconda
parte, la storia riesce ad essere piuttosto avvincente ed i personaggi di
maggiore importanza, in particolare Bome e Jò, sono ben costruiti e, a parte un
paio di scivoloni di un certo peso, risultano realistici nelle loro reazioni
umane.
Mi dispiace molto per l'autrice, di cui sicuramente
leggerò se non altro per capire quanto abbia influito la difficoltà del genere
sulla sua scrittura, ma questo romanzo l'ho trovato un'occasione mancata.
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