La grazia dei re - Recensione di Mysticmoon

La grazia dei re - Ken Liu
Recensione di Mysticmoon



Titolo: La grazia dei re
Autore: Ken Liu
Traduttore: A. Cassini
Genere: fantasy storico
Serie: primo libro della Dandelion Trilogy
Editore:  Mondadori Oscar Vault
Pagine: 612
Isbn: 9788804720331

La morte dell'imperatore Mapidéré, colui che ha riunito sotto un'unica bandiera tutti gli stati dell'arcipelago di Dara, e l'ascesa al trono del giovanissimo Erishi portano al riacutizzarsi delle tensioni all'interno dell'impero.
Ad emergere tra i numerosi ribelli saranno Kuni Garu, un giovane di umili origini ma dalla proverbiale astuzia, e Mata Zyndu, figlio di una famiglia nobile caduta in disgrazia durante le guerre combattute dal precedente imperatore.
La storia della loro amicizia e della loro rivalità segnerà il destino della popolazione di Dara.

Si ringrazia la casa editrice Mondadori Oscar Vault per aver fornito una copia in anteprima del romanzo in cambio di una recensione onesta

Uno dei romanzi di cui attendevo la pubblicazione italiana con maggiore ansia era proprio La grazia dei re di Ken Liu, un romanzo dalle ambientazioni orientali che dalla sinossi prometteva di essere epico e di diventare una delle mie trilogie preferite in assoluto.
Come sempre, quando si costruiscono aspettative tanto alte, è facile cadere e farsi male.
La grazia dei re mi ha delusa?
Indubbiamente sì, visto che a mio avviso le sue potenzialità non sono sfruttate a dovere.
La grazia dei re è un brutto romanzo?
Assolutamente no, visto che secondo la mia opinione presenta più lati positivi che negativi.
Inizio la mia analisi del romanzo dal dato oggettivo più evidente: La grazia dei re, con le sue oltre seicento pagine, è un romanzo piuttosto lungo eppure quando ho chiuso il libro mi sono domandata come mai l'autore abbia avuto così tanta fretta di narrare la sua storia.
La grazia dei re è un romanzo epico nel senso stretto del termine, su questo non vi sono dubbi; questo libro narra le gesta eroiche di uomini e donne, di divinità che si fanno la guerre e di cavalieri valorosi che scolpiscono il loro nome della Storia, di generali astuti e di soldati valorosi, tutti elementi che lo rendono sontuoso dal punto di vista dei contenuti.
Il problema del romanzo è il ritmo: sembra avere una grandissima fretta di narrare tutto quanto ed il risultato finale è una storia tanto ricca quanto frettolosa, che non lascia il tempo al lettore di metabolizzare un evento A perché in una manciata di righe avvengono degli eventi B e C di uguale importanza che allo stesso modo rischiano di passare quasi in sordina perché in un battibaleno si arriva all'evento D di un uguale valore ai fini della narrazione... In pratica è un romanzo in cui manca il tempo materiale per annoiarsi ma anche per metabolizzare tutti questi eventi.
La storia narrata è molto interessante, non lo nego, ma un maggiore approfondimento sia riguardo gli eventi sia riguardo i personaggi probabilmente mi avrebbe permesso di sentirmi più coinvolta nelle vicenda e quindi più vicina ai personaggi.
Una diretta conseguenza di questa fretta nel narrare la storia si riflette anche sui personaggi più marginali del romanzo. Narrando sin dal principio le vicende parallele di Mata Zyndu e Kuni Garu per forza di cose il lettore alla fine del romanzo abbia un'idea molto precisa della loro personalità, e lo stesso discorso vale per buona parte dei personaggi presenti all'interno della loro cerchia personale ed introdotti durante le prime fasi della storia, ma quando l'aggiunta dei personaggi avviene in fasi più avanzate il più delle volte la rapida narrazione mi ha impedito persino di ricordarne il nome nonostante l'importanza ai fini della storia. Tuttavia questa critica non può farmi negare che uno degli aspetti che più ho apprezzato nel romanzo è la costruzione dei protagonisti Kuni Garu e Mata Zyndu.
Per quanto non mi abbiano convinto pienamente le tempistiche delle tappe del loro rapporto (ma non il rapporto in quanto tale), devo ammettere che Ken Liu ha fatto un bel lavoro nella loro creazione come singoli personaggi.
A fare da contraltare al possente Mata Zyndu, ultimo esponente di una nobile casata il cui crimine è stato quello di trovarsi in contrasto con l'imperatore, c'è Kuni Garu, che ha origini assai più umili ma un'arguzia assai più spiccata; l'autore gioca sin dall'inizio sul fatto che ognuno di loro incarni l'antitesi dell'altro e che questa possa essere al tempo stesso sia la forza sia la debolezza di quel legame che andrà ad instaurarsi tra loro fin dal primo incontro, una chimica che pervade l'intero romanzo e incolla il lettore alle pagine.
Un aspetto del romanzo che ho apprezzato molto è stato l'integrazione della componente fantasy in quello che poteva essere semplicemente un romanzo storico, con l'introduzione di un pantheon di divinità di ispirazione orientale che, al pari ad esempio delle divinità greche all'interno dei poemi omerici, non sempre si limitano ad assistere passivamente allo spettacolo offerto dallo scontro degli uomini ma cercano di favorire il proprio "campione".
Durante la lettura mi ha fatto piacere rendermi conto che l'ampia integrazione all'interno della storia di citazioni storiche e letterarie appartenenti sia alla cultura orientale sia a quella occidentale, elementi che rendono la lettura al tempo stesso piacevole e stimolante, oltre a suscitare vero e proprio desiderio di approfondimento, come nel caso di una particolarità fisica di Mata Zyndu, esplicito richiamo ad un personaggio leggendario di importanza capitale per la Cina.
A mio avviso La grazia dei re è un romanzo ricco di contrasti: ha indubbiamente un intreccio che mira ad essere maestoso ma è talmente strabordante di eventi e Ken Liu sfoggia uno stile di scrittura talmente scarno che all'atto pratico risulta frettoloso, ha una coppia di protagonisti sontuosa ma non riesce a prendersi un po' di tempo per rendere pienamente omaggio a tutti ad una moltitudine di interessanti personaggi con una discreta importanza, il mondo descritto ha grandi potenzialità ma non viene descritto a dovere... Insomma, per quanto mi riguarda se l'autore si fosse rifatto un po' di più alla celebre massima "mostra, non raccontare" il libro sarebbe potuto essere migliore, ma è comunque una lettura molto piacevole di cui aspetto già con trepidazione il secondo volume.





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