Figli
di sangue e ossa – Tomi Adeyemi
Recensione di Mysticmoon
Titolo:
Figli di sangue e ossa
Autore:
Tomi Adeyemi
Genere:
fantasy
Editore: Rizzoli
Pagine: 552
ISBN: 9788817105354
Uno
dei più dolorosi ricordi della vita di Zèlie è legato alla notte in cui la
magia abbandonò il suo mondo, condannando tutti gli appartenenti al suo popolo,
i Maji, ad essere assoggettati da Saran, il crudele re di Orisha: è stata
quella la notte in cui ha visto degli uomini trascinare via sua madre in catene
per poi essere impiccata ad un albero, lasciando nella disperazione suo marito
ed i suoi figli poco più che bambini.
Sono
passati oltre dieci anni da quella tragica notte e Zèlie è diventata una
caparbia giovane donna in cerca del suo posto in una società che tende a
schiacciare quelli come lei.
Le
cose cambiano quando la sua strada s’incrocia con quella di Amani, la figlia
dell’uomo che ha reso schiava la sua gente: la principessa sta scappando da
palazzo con un prezioso artefatto che potrebbe cambiare per sempre le sorti di
quella terra.
Uno
dei romanzi fantasy più chiacchierati del 2018 è certamente Figli di sangue e
ossa dell'autrice afroamericana Tomi Adeyemi, primo romanzo di una trilogia che
attinge alla mitologia nordafricana per la creazione del suo sistema magico,
una componente che l’autrice ha sfruttato bene sia dal punto di vista più
concreto, ossia la vera e propria rappresentazione di poteri sovrannaturali che
caratterizzano alcuni membri delle tribù dei Maji, sia in maniera ben più sottile.
Se
leggendo il romanzo si può godere sin dal primo momento della mitologia sulla
quale è costruita la componente magica della storia, dall’altra pian piano il
lettore non potrà fare a meno di comprendere che sotto c’è una riflessione ben
più seria e vicina alla realtà, una domanda alla quale trovare una risposta non
sarà facile né per lui né per i personaggi della storia.
Uno
dei tratti più marcati di questo romanzo è la rappresentazione della
discriminazione. Non è necessario leggere la nota dell’autrice in chiusura del
libro per capire che questo romanzo non è semplicemente una storia ambientata
in un luogo in cui una popolazione opprime e ne sfrutta un’altra perché più
debole: è facile leggere tra le righe che l’oppressione a cui sono sottoposte i
clan dei maji e il timore che viene instillato nella popolazione di Orisha, in
primis nei figli del sovrano, riflettano il clima di razzismo che da alcuni
anni si respira in diverse zone degli Stati Uniti, quello del terrore di
vedersi trattare con sospetto per il semplice fatto di avere la pelle di un
determinato colore, una situazione che in diversi casi è sfociata in una vera e
propria aggressione immotivata che ha portato dal ferimento alla morte di una
persona che, semplicemente, stava andando con la sua famiglia ad una cena o
stava camminando per la strada senza nuocere a nessuno.
Altro
argomento di cui Figli di sangue e ossa è promotore è quello della lotta
all’imperante maschilismo, e per farlo non si limita a rendere centrali le
figure di Zèlie e Amani, due ragazze cresciute in ambienti molto differenti e
con l'anima segnata da cicatrici diverse ma al tempo stesso molto simili; loro
sono la forza motrice del cambiamento in un mondo che le vede contrapposte ma
ugualmente inferiori, costrette a sottostare a regole che ne soffocano le
capacità.
A
fare da controparte a queste due donne forti abbiamo i loro fratelli maggiori,
anche loro profondamente diversi tra loro: se da una parte abbiamo il granitico
Tzain, il fratello maggiore che riconosce il valore di Zèlie ma allo stesso
tempo cerca con tutte le sue forze di difenderla dal suo carattere impulsivo ed
è disposto a fare qualsiasi cosa per lei, dall’altra c’è il decisamente meno saldo
principe Inan, l’erede al trono di Orisha dilaniato dal desiderio di compiacere
il padre nonostante la sua volontà di fare la cosa più giusta.
Per
quanto questo romanzo sia davvero molto valido e non veda l’ora di leggerlo,
non posso affermare che sia scevro di difetti, in primis riguardo il
particolare legame che si instaurerà tra due persone con delle tempistiche
decisamente troppo rapide, quasi ci fosse la volontà di sviluppare questo
particolare aspetto per utilizzarlo come amplificatore di emozioni
successivamente; l’intenzione è meritevole di lode dato che effettivamente si
raggiunge il risultato sperato, tuttavia si potevano gestire le tempistiche in
maniera meno frettolosa.
In
conclusione posso affermare in tutta onestà che questo romanzo ha meritato
ampiamente la fama di cui ha iniziato a godere ben prima della sua
pubblicazione in lingua inglese perché i messaggi veicolati sono davvero
lodevoli e ben inseriti nella trama della storia, quindi è davvero semplice
passare sopra a quasi tutti i piccoli difetti imputabili al fatto che si tratti
di un romanzo d’esordio.
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