Hotel
California – Dalila Porta
Recensione di Giorgia Wasp
Titolo:
Hotel California, storia di una paranoia
Autore:
Dalila Porta
Genere:
romanzo
Editore: Eretica
Pagine: 174
Isbn: 9788899816773
California
è una giovane ragazza spensierata, piena di energie ma anche problematica,
scansafatiche, diciamo non proprio equilibrata.
«Non lo so,
California. Forse la gente si stufa di te».
«Perché dovrebbe?»
«Perché sei poco
pettegola, molto coerente, follemente esasperante e non è facile starti
dietro».
Nel
suo eterno girovagare incrocia la strada di Papercut, giovane studente
universitario dai brillanti risultati.
Purtroppo Papercut era
un terreno pericoloso, era una bellissima spiaggia piena di sabbie morbide e
assassine. Era un lago addormentato, nel quale era assopito un coccodrillo. Le
ci volle molto tempo, prima che potesse arrendersi con lui.
Ciò
che ha attirato l’attenzione di California è stata proprio la particolarità di
Papercut, il suo essere una pecora nera, unica rispetto al branco.
Ovviamente
non poteva immaginare che il suo essere unico derivasse da gravi problemi
familiari che lo hanno segnato a vita, portandolo a soffrire di schizofrenia.
A California piaceva
solo un lato della faccia di Papercut. Quello buono. L’altro la inquietava e
per questo il suo cuore preparò i cerotti fin dal primo bacio nei corridoi del
campus di Coimbra. Perché il suo cuore sapeva già tutto.
Papercut
ha avuto un trascorso molto difficile soprattutto dopo che ha scoperto che sua
sorella Annie non era morta ma che la madre aveva deciso di rinchiuderla per
anni in soffitta proprio perché soffriva di disturbi mentali.
Cercava di ripulire
quel lato sporco della faccia di Papercut. Ma per quanto passasse la spugna, il
suo lato destro non sorrideva mai allo stesso modo del sinistro, che era la
zona diciamo pure felice della sua faccia. Per questo poi si arrabbiava, e
inveiva contro quella metà della faccia cattiva, spaventosa, ed era a quella
che California tirava le cose.
Il
libro, nonostante alcuni errori ortografici probabilmente da imputare alla
distrazione e qualche tempo verbale non coniugato in maniera corretta, riesce a
catturare l’attenzione del lettore trasportandolo nella follia dei personaggi.
La
scrittura forse ancora acerba non pregiudica nulla del romanzo, anzi riesce a
dare un fascino aggiuntivo alla narrazione caratterizzandola positivamente, infatti
il modo di narrare molto colloquiale rende scorrevole la lettura.
Ciò
che mi ha piacevolmente colpito è stata la capacità dell’autrice di
intrecciare, creando un disegno sempre più complesso, oltre che le vicende dei
protagonisti anche le loro paranoie.
Con sua enorme
sorpresa, la sua allucinazione era rimasta li, seduta sulla panchina, a
guardare California con un indiscreto e lascivo interesse.
Leggere
ciò che accade nella mente di persone che soffrono di disturbi psichici è
sempre stato per me motivo di interesse quindi leggere le vicende di California
e degli altri coprotagonisti mi ha piacevolmente affascinato.
Molto
interessante è stata la caratterizzazione dei personaggi, infatti l’autrice ha
deciso di chiamare i protagonisti del racconto con nomi derivanti da canzoni e
caratterizzare la loro personalità con un interpretazione personale di alcune
parti di suddette canzoni.
Lo
staff ringrazia l’autore per la copia fornita
più passa il tempo e più mi convinco sempre più che chiunque, se proprietario di una soffitta, debba salire a controllare, magari non è detto che trovi un parente legato messo a pane e acqua, forse è semplicemente uno sconosciuto ma sempre meglio verificare.
RispondiEliminaM.
XD Assolutamente, le soffitte nascondono sempre qualcosa XD
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