Te
la sei cercata – Louise O’Neill
Recensione
di Mysticmoon
Titolo:
Te la sei cercata
Autore:
Louise O’Neill
Genere:
drammatico
Editore: Il castoro - Hotspot
Pagine: 273
Isbn: 9788869662980
Emma O’ Donovan è una ragazza baciata
dalla fortuna: la genetica l’ha dotata di un’intelligenza abbastanza sviluppata
da permetterle di ottenere buoni risultati scolastici senza troppo impegno e di
un corpo che grazie alle cure assidue e alle scelte di vestiario la rende una
delle ragazze più popolari ed invidiate di Ballinatoom, la cittadina
dell’Irlanda in cui vive.
Eppure Emma si sente continuamente
inferiore ed in competizione con gli altri, persino se queste persone sono le
sue più care amiche, e non perde occasione di sminuirne i meriti ed esagerarne
i difetti.
La sua vita cambia quando una domenica
pomeriggio viene ritrovata dai suoi genitori riversa sul pavimento della
veranda di casa sua: Emma non ha ricordi degli eventi avvenuti nelle ultime ore
ma ben presto sarà costretta ad affrontare le conseguenze di quanto accaduto in
quel buco nero.
Se
dovessi far leggere ad un adolescente un libro sarebbe sicuramente di Louise
O’Neill.
L’autrice
irlandese, pubblicata in Italia dalla casa editrice Il castoro all’interno
della collana Hotspot e purtroppo al momento poco nota nel nostro paese, è una
delle migliori penne in circolazione per quanto riguarda gli young adult più impegnati.
Se
nel suo “Solo per sempre tua”, pubblicato un paio d’anni fa, l’autrice concentrava
la sua attenzione sulla cultura dell’immagine ed il modo in cui alle femmine
viene inculcata sin dall’infanzia l’idea che se nella vita vuoi avere successo
devi avere un bell’aspetto ma poche idee in testa, in “Te la sei cercata”
l’autrice affronta di petto un tema molto forte, ossia quello della cultura
dello stupro, e lo rafforza dando vita ad una protagonista piena di difetti che
contribuisce attivamente a mettersi nelle condizioni di non essere in grado di
intendere e di volere, uno stato d’alterazione che la rende facile preda
dell’opinione di coloro che la circondano e preda persino dei suoi stessi
dubbi, visto che non ricorda assolutamente nulla di buona parte di quella
domenica.
Il
libro della O’Neill denuncia senza fronzoli e senza abbellimenti l’opinione
generale che una donna dovrebbe evitare certi atteggiamenti o indossare certi
indumenti per evitare di mettersi in pericolo.
Quante
volte abbiamo sentito dire “quella se l’è cercata”, “se avesse indossato i
pantaloni invece della gonna non sarebbe accaduto”, “dato che si è messa in
mostra doveva immaginare che potesse accadere qualcosa del genere”?
Quante
volte quando si legge di uno stupro o ne parlano al telegiornale il primo
pensiero è “ma sarà vero?” invece che “che tragedia!”?
Questa
è la cultura dello stupro.
Questa
è la gogna a cui viene sottoposta Emma, una ragazza come tante altre, che come
molte si è messa nelle condizioni di non essere in grado di esprimere la sua
opinione ma non per questo è colpevole di quanto le è accaduto, una diciottenne
al quale viene imputata la colpevolezza di aver voluto che quanto accaduto si
verificasse solo perché ha assunto sostanze che le hanno offuscato la mente ed
indossava un vestito con una scollatura audace, come se questi elementi
giustificassero il fatto che dei ragazzi più presenti di lei abbiano
approfittato delle sue condizioni (e, credetemi, la O’Neill non scade nel
voyerismo ma mostra un quadro atroce di quella serata) per poi mettere in
piazza quella notte brava che diventerà l’incubo sconosciuto di Emma, che come
tutti gli altri ha modo di scoprirlo in maniera indiretta.
Questo
romanzo non si pone il problema di quando sia stupro e quando no ed il motivo è
semplice perché, come dovrebbe essere naturale, sì è semplicemente sì mentre no
è, oltre che no, anche quando non si è nelle condizioni di scegliere; il vero
nucleo del romanzo, il punto nodale, è quanto sia assurdo e ingiusto in una
situazione del genere che la vittima continui ad essere vittima per giorni,
settimane, mesi, anni dopo quanto avvenuto mentre i veri colpevoli non solo continuino
a vivere una vita relativamente immutata ma abbiano quasi la legge dalla loro
parte (e non ho motivo di pensare che quegli aspetti legali trattati siano
creati ad hoc per rendere la storia ancora più drammatica, visto che per
scriverla l’autrice si è documentata ed ha intervistato numerose vittime).
Prima
di chiudere vorrei fare i complimenti per la scelta del titolo italiano: per
quanto non sia la traduzione letterale di Asking for it, ossia il titolo
originale, Te la sei cercata è un titolo adattissimo a questo romanzo proprio
per la forza di questa accusa che Emma vede rivolgersi da ogni direzione: te la
sei cercata, è stata colpa tua se è accaduto, non sarebbe successo nulla se avessi
bevuto meno/ ti fossi messa un vestito meno provocante/ non avessi preso quella
pasticca, se non ti fossi comportata in questo modo non l’avrebbero fatto; peccato
che non dovrebbero esistere né giustificazioni né attenuanti per coloro che per
ottenere quello che vogliono usano la violenza o approfittano dell’incapacità
di opporsi della partner.
Insomma,
Te la sei cercata è un libro dal messaggio forte, scritto in maniera semplice
senza mai essere banale e soprattutto intelligente, perché costringe il lettore
ad una riflessione: lo stupro non può essere giustificato mai, neanche se la
vittima è una persona che ti pugnala con il sorriso sulle labbra, neppure se
questa persona si mette nelle condizioni di essere facile preda del primo
malintenzionato di passaggio, perché essere stronze, ingenue, vanitose o
disinibite non è un reato mentre la violenza sessuale lo è.
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