Yeruldelgger,
Morte nella Steppa –
Ian
Manook
Recensione
di Mysticmoon
Titolo:
Yeruldelgger – Morte nella Steppa
Autore:
Ian Manook
Genere:
giallo
Editore: Fazi
Pagine: 524
Isbn: 9788876258800
Trama
Yeruldelgger,
commissario di polizia di Ulan Bator, capitale della Mongolia, convive
costantemente con l’atroce senso di colpa di essere il responsabile della morte
di sua figlia Kushi, all’epoca dei fatti solo una bambina, che venne rapita e
successivamente assassinata in seguito al suo rifiuto di rinunciare ad
un’indagine, un delitto di cui non è mai stato trovato il colpevole.
Oltre
al senso di colpa Yeruldelgger deve fare i conti anche con il crollo nervoso di
sua moglie Uyuat, impazzita dal dolore dopo il lutto e accudita
nell’abitazione di suo padre Erdenbat
senza che il marito possa incontrarla, e con il rancore di sua figlia maggiore
Saraa, un’adolescente che prova un profondo risentimento nei confronti di un
padre colpevole della morte della sorellina e concentrato solo e soltanto sul
suo lavoro.
Il ritrovamento quasi simultaneo dei cadaveri di una bambina di circa cinque anni nel mezzo della steppa e di tre cinesi in un container della capitale, tra l’altro in circostanze che fanno pensare a un rito satanico, portano l'uomo su una pista che potrebbe condurre non soltanto lui al punto di non ritorno.
Il ritrovamento quasi simultaneo dei cadaveri di una bambina di circa cinque anni nel mezzo della steppa e di tre cinesi in un container della capitale, tra l’altro in circostanze che fanno pensare a un rito satanico, portano l'uomo su una pista che potrebbe condurre non soltanto lui al punto di non ritorno.
Commento
Libro
consigliato soprattutto ai lettori con un po’ di pelliccia sullo stomaco a
causa di alcune scene abbastanza discutibili, Yeruldelgger Morte nella Steppa è
il primo della fortunata trilogia di Ian Manook portata in Italia nel 2016 e
conclusasi lo scorso mese di febbraio che ha per protagonista uno dei
commissari di polizia meno politically correct del panorama giallo attuale.
Yeruldelgger
non ha il fascino del protagonista bello e dannato, non è simpatico e spesso
manca anche di un minimo di ironia, è empatico con il suo prossimo quanto
potrebbe esserlo un ferro da stiro e spesso e volentieri preferisce usare le
sue nude mani piuttosto che la legge del suo paese, quindi difficilmente si può
entrare in empatia con questo personaggio tanto difficile, eppure la sua storia
è riuscita a coinvolgermi sin dalla prima pagina ed il libro è volato via una
pagina dopo l’altra, anche se a volte è stato doloroso andare avanti perché,
come già accennato, a volte la storia mostra immagini piuttosto forti e in
linea generale si tratta di una storia molto cupa in cui i veri padroni sono i
sentimenti negativi, la violenza e la corruzione, un romanzo che lascia il
segno in maniera piuttosto brutale e senza chiedere scusa.
Uno
dei punti di forza di questo romanzo, oltre ad un protagonista ricco di
sfaccettature e la storia molto cupa, è l’ambientazione ossia la Mongolia, che
l’autore riesce a descrivere magistralmente sia nei meravigliosi panorami della
steppa sia nella soffocante urbanizzazione, tratteggiandone con sapiente mano
sia i pregi sia i difetti, presentando al lettore un paese che al tempo stesso
conserva la magia delle tradizioni ma si apre al terzo millennio dopo la
dominazione sovietica, di cui l’esempio lampante è la famiglia che scopre i
resti della bambina morta: queste persone vivono ad ore ed ore dal più vicino
centro abitato all’interno di una yurta, ossia quella che è da secoli l’abitazione
tipica delle popolazioni nomadi mongole (e nella quale tuttora vive circa metà
della popolazione mongola), eppure queste persone che apparentemente vivono una
vita quasi primitiva e seguono pedissequamente le tradizioni hanno la tv
satellitare e seguono CSI.
Un
ultimo, ma non meno importante, pregio di questo romanzo è il fatto che, nonostante
sia principalmente una storia d’azione dal ritmo trascinante che lascia poco
spazio alla riflessione, a tratti riesce a dare anche degli spunti di
riflessione, ad esempio quando Yeruldelgger parla con il medico legale Solongo
dei morti nei campi di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale.
[…]
- Come possiamo ignorare l'olocausto di
sei milioni di ebrei? - si era infuriato a quel tempo.
- Perché non è la nostra storia - aveva risposto tristemente Solongo.
- Sei milioni di morti, come può non essere anche la nostra storia?
- La nostra storia è più vicina agli ottanta milioni di morti di Stalin, e alle centinaia di milioni di morti di Mao e degli altri. La storia degli ebrei non è la nostra. E nemmeno tutta la loro guerra è la nostra.
- Però si tratta di sei milioni di persone assassinate!
- Lo so - aveva risposto Solongo - Capisco e non giustifico niente. Ti dico solo che, se non sappiamo nulla, è perché non era la nostra storia. In quel periodo, la nostra storia era il massacro dei nostri monaci, la distruzione dei nostri templi e il divieto di usare la nostra lingua. Quanti europei lo sanno, Yeruldelgger? E non bisogna avercela con loro, poiché tutto questo non è la loro storia. […]
- Perché non è la nostra storia - aveva risposto tristemente Solongo.
- Sei milioni di morti, come può non essere anche la nostra storia?
- La nostra storia è più vicina agli ottanta milioni di morti di Stalin, e alle centinaia di milioni di morti di Mao e degli altri. La storia degli ebrei non è la nostra. E nemmeno tutta la loro guerra è la nostra.
- Però si tratta di sei milioni di persone assassinate!
- Lo so - aveva risposto Solongo - Capisco e non giustifico niente. Ti dico solo che, se non sappiamo nulla, è perché non era la nostra storia. In quel periodo, la nostra storia era il massacro dei nostri monaci, la distruzione dei nostri templi e il divieto di usare la nostra lingua. Quanti europei lo sanno, Yeruldelgger? E non bisogna avercela con loro, poiché tutto questo non è la loro storia. […]
Personalmente
trovo le parole di Solongo tanto profonde quanto tragicamente veritiere: non
esistono lutti di serie A e lutti di serie B eppure c’è una bella differenza
tra il dolore a noi vicino rispetto a quello più distante, è un crudele dato di
fatto a cui nessuno di noi, per quanto sensibile, può sfuggire.
Se
devo proprio trovare un difetto a questo romanzo è che ho intuito il ruolo
giocato nella storia da un particolare personaggio sin dalla sua introduzione…
ma è anche vero che la sottoscritta non può leggere molti gialli perché ha
particolare fiuto per trovare il colpevole in tempo zero anche quando non ci
sono prove, cosa che diminuisce drasticamente il piacere dell’esperienza,
quindi prendete questa affermazione con la dovuta cautela.
Personalmente
consiglio questo romanzo e la trilogia in generale a chi cerca un giallo con un
protagonista poco simpatico ed una bella storia ricca di colpi di scena mentre
credo sia meglio che le persone più sensibili se ne tengano alla larga perché
alcune immagini sono davvero disgustose ed altre fanno davvero male.
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