Iron
Flowers – Tracy Banghart
Titolo:
Iron Flowers
Autore:
Tracy Banghart
Genere:
distopico
Serie: 1° libro della serie
Editore: DeA Planeta
Pagine: 382
Isbn: 9788851161149
La
vita nel regno di Viridia non è facile per le donne: prive di qualsiasi
diritto, le giovani vengono cresciute con la consapevolezza di non avere voce
in capitolo riguardo né al mestiere che faranno per guadagnarsi da vivere né
all’uomo che sposeranno e con la quale avranno dei figli.
Quelle
che vengono viste come le donne più fortunate sono le Grazie, ossia le tre
donne che vengono scelte dal Supremo, massima autorità del paese, tra quelle
selezionate per ogni città ogni tre anni: loro, assieme ad una Ancella, vivono
a palazzo e hanno la possibilità di mettere al mondo l’Erede, colui che
succederà all’attuale Supremo.
La
vita di Serina Tessaro è stata completamente dedicata al prepararsi al
diventare una Grazia e non è sorpresa quando viene scelta per essere una
candidata a diventare una delle tre prime Grazie scelte dall’Erede; quello che
la sconvolge è che sua sorella minore Nomi, che l’ha accompagnata in qualità di
Ancella, venga scelta come Grazia, e nel giro di un giorno la situazione
diventa ancora peggiore: accusata di un crimine che non ha commesso, Serina
viene mandata a Monte Rovina, l’isola-prigione in cui sono detenute le donne
più pericolose del paese.
Uno
dei problemi peggiori del lettore è il fatto che, volente o nolente, ti crei
delle aspettative e quando queste sono alte, spesso capita che vengano
amaramente deluse.
Mi
innamorai subito della trama di Grace and Fury (titolo originale di questo
romanzo), non posso negarlo: un mondo in cui le donne non hanno alcun diritto
ed un fortissimo legame tra sorelle mi facevano ben sperare per la buona
riuscita di questo libro, che non è brutto ma non posso neanche sommergere di
lodi perché è decisamente un romanzo nella media.
Inizio
subito con qualcosa che non mi è piaciuto: il nome della protagonista del
capitolo all’inizio di ognuno di questi. Sono consapevole che la presenza del
nome di Nomi o Serina all’inizio del capitolo è una minuzia, ma a me ha dato
perché l’ho trovato inutile; avrei compreso una scelta simile in un romanzo in
cui la voce narrante coincide con il protagonista e quindi si hanno due punti
di vista che si alternano, ma in Iron Flowers il narratore è esterno quindi che
ci sia scritto sopra “Nomi” o “Serina” è del tutto ininfluente perché in buona
parte dei casi già nella prima frase trovo già scritto di chi si parla, anche
perché avendo solo due personaggi principali da seguire, che tra l’altro
agiscono in due ambientazioni molto diverse tra loro ed i cui capitoli sono
alternati in maniera regolare, non esiste il rischio di confondersi come
potrebbe accadere ad esempio nelle Cronache del ghiaccio e del fuoco di George
Martin. Sono consapevole che probabilmente è un problema solo mio, ma l’ho
trovato superfluo e quasi offensivo nei confronti del lettore.
Altra
critica che mi trovo costretta a muovere al romanzo è la scarsa originalità;
Iron Flowers è un libro con un’ottima idea di base ma il risultato è abbastanza
carente. Il problema non è tanto l’ambientazione perché il mondo creato non è
neanche tanto male se si pensa che per esigenze di trama l’ambientazione in cui
si muove Serina ha necessità di essere più dettagliato e di conseguenza risulta
più sfaccettato di quello di Nomi (non che questo sia una giustificazione, ma
se ai fini della trama la necessità è quella di approfondire mi pare normale ci
sia una tale disparità di trattamento), anche se tra alcune piccole
incongruenze e dettagli che non risultano ben inseriti il risultato è
abbastanza confuso; il problema di questo libro è che ne ricorda alcuni in
maniera fin troppo sfacciata, soprattutto per una delle storyline principali,
che somiglia davvero TANTO ad un romanzo che a sua volta è stato accusato di
essere poco originale!
E
poi ci sono eventi che hanno dell’inverosimile, soprattutto se si pensa che
questi personaggi sono dei comuni esseri umani.
Per
fortuna questo romanzo non è tutto da buttare via, anche se fino a questo punto
credo di avervi dato l’impressione contraria.
Uno
dei punti di forza di questo romanzo è una delle due sorelle, la cui storia non
è perfetta ma risulta riuscita molto meglio rispetto a quella dell’altra sotto
tutti i punti di vista; lo stile di scrittura è abbastanza semplice quindi non
vi sono grandi guizzi della penna dell’autrice, eppure questa protagonista è
ben costruita e la sua evoluzione è strutturata in maniera da non sembrare
forzata. Con questo non voglio dire che l’altra sorella non sia un buon
personaggio, ma soffre molto le necessità di una trama purtroppo abbastanza
banale, una situazione che snatura a intermittenza una delle caratteristiche
principali del suo carattere, dando l’impressione che si sia scelto di farla
reagire in quel modo solo per portare avanti la trama in quel senso.
Terzo
pro di questo libro, e a mio parere quello più importante di tutti, è l’amore
tra sorelle, un sentimento che in queste pagine è ben rappresentato è che manda
un messaggio forte, ossia che per quanto due sorelle possano essere distanti e
possano essere la causa della disgrazia dell’altra, il loro legame potrà
scricchiolare ma non si spezzerà. Molto significativo è inoltre il fatto che
questo legame sia declinato sia nella sua forma base, ossia tra due donne che
sono sorelle dal punto di vista biologico, sia in quella meno scontata di
sorellanza, per un ideale di sorellanza meno legato ai geni e più allo spirito.
Quarta
e ultima cosa che mi è piaciuta molto di questo romanzo sono le basi che crea
per il libro successivo della trama. Come detto in precedenza, non ho trovato
particolarmente originale questo libro, soprattutto perché riprende a piene
mani alcune storie di successo degli ultimi anni, eppure la conclusione a cui
si è arrivati nell’ultima pagina del libro è un ottimo punto di partenza per
qualcosa di potenzialmente molto valido che spero verrà sviluppato a dovere.
Tirando
le somme, ho trovato Iron Flowers un romanzo con del potenziale poco sfruttato,
una storia dalle basi originali che viene appiattita non tanto dalla banalità
quanto da un omaggio troppo smaccato ad altri romanzi di successo oltreoceano,
l’inizio di una serie che se ben sviluppata potrebbe diventare davvero molto
bella.
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