Romanitas
– Sophia McDougall
Recensione
di Mysticmoon
Titolo:
Romanitas
Autore:
Sophia McDougall
Genere:
ucronia
Trilogia:
1° libro della trilogia Romanitas
Editore: Newton Compton
Pagine: 570
ASIN: B00OI9UXII
Nell'anno
2757 dalla sua fondazione, Roma viene scossa dalla drammatica morte di Terzino
Novio Fausto, meglio noto come Leone, e sua moglie Clodia Aurelia, un evento
che non solo lascia orfano il sedicenne Marco Novio Fausto Leone, ma priva
l'impero dell’erede al trono in un momento di forte tensione con la Nionia,
l’altra superpotenza del pianeta.
Lo
stesso giorno delle esequie, a Londra, una ragazza di nome Una usa il
misterioso potere di cui è dotata per attuare il piano che ha elaborato per
salvare suo fratello maggiore Sulien dalla crocifissione, una condanna per un
crimine che il ragazzo non ha mai commesso e di cui è stato facile accusarlo
perché a puntare il dito è stata la famiglia che anni prima l’aveva acquistato.
Il
destino farà incrociare il cammino dei due fratelli con quello di Marco, dando
inizio a una inaspettata avventura.
Sono
in pochi in Italia quelli che ad oggi conoscono la serie Romanitas di Sophia
McDougall, probabilmente perché si tratta di una trilogia iniziata in cartaceo
una dozzina d'anni fa che per molto tempo è rimasta in sospeso ossia fino al
2015, quando la traduzione dell’ultimo volume è stata resa disponibile
esclusivamente in digitale.
Questa
trilogia è parte del filone della narrativa con ambientazione ucronistica, ossia
quei romanzi in cui i fatti si svolgono in una realtà in cui un evento storico
che ha avuto conclusione diversa dalla nostra, come ad esempio il celebre La
svastica sul sole, romanzo del 1962 di Philip K. Dick in cui la Germania e il
Giappone hanno sconfitto gli Alleati oppure l’italianissima Trilogia di
Occidente di Mario Farneti, nella quale una serie di scelte differenti del
partito fascista negli anni’30 porta ad una catena di eventi concretizzatasi in
una diversa geografia mondiale nei decenni successivi.
Un
aspetto che ho particolarmente apprezzato nel romanzo della McDougall è proprio
il punto d’inizio di questa ucronia, ossia il mancato realizzarsi della
congiura ai danni di Pertinace nel 193 d.C., un imperatore che venne spazzato
via dalla Storia in una manciata di giorni ma il cui proverbiale senso di
giustizia, tramandato a noi dai suoi contemporanei, è la base perfetta per dare
luogo a un principato in cui si cercano di sanare i danni fatti dal suo
predecessore Commodo, creando una base molto credibile per la costruzione di
una Storia assai diversa da quella che conosciamo, ossia una in cui l’impero
romano è stato per secoli l’unica grande potenza e che al momento dell’inizio
del romanzo, il 2004, controlla non solo l’Europa ma anche una grande fetta
dell’Africa, tutto il Medio Oriente fino all’India e buona parte delle
Americhe, avendo come solo rivale la Nionia, ossia il vasto impero dell’estremo
Oriente che controlla anche una grande fetta del Nord America, dove un muro ne
separa i possedimenti proprio dall’impero romano.
Oltre
all’ambientazione, ho apprezzato particolarmente il fatto che l’autrice si sia
rifatta al diritto romano per dipingere la condizione della donna, subordinata
all’uomo e quasi obbligata ad avere un marito per sopravvivere, opponendola
allo stesso tempo alla figura di Makaria, la figlia dell’imperatore che pur non
avendo molto spazio riesce a essere un buon contraltare alla figura della
perfetta matrona romana, incarnata principalmente da Tulliola, la giovane
moglie del padre.
Mi
dispiace dirlo, ma su questo promettente impianto è inserita una storia
abbastanza lenta di stampo spionistico in salsa teen con diverse buone idee ma
anche molte forzature inserite per comodità di trama.
Se
la giovane età dei protagonisti principali, ossia tra i sedici e i diciotto
anni, permette all’autrice di creare una storia credibile sia per quanto
riguarda le rocambolesche vicende che portano Una e Sulien ad incontrare Marco
sia per quanto riguarda il background dei due fratelli, dall’altra il fattore
età nel caso di un aspetto specifico della storyline del giovane romano rende
tutto fin troppo forzato e poco credibile, vista anche l’opzione presente sin
dall’inizio e certamente più credibile sotto ogni punto di vista.
Stessa
storia per la tecnologia: per quanto sia presente un’appendice che cerca di
mettere una pezza sui nomi degli oggetti ed in generale il livello tecnologico
del mondo in cui si svolgono gli eventi, è fin troppo chiaro che partendo da
una base tanto lontana è assai improbabile che nel 2004 di Romanitas siano
disponibili praticamente tutte le tecnologie del nostro 2004 utili agli scopi
della storia ma siano assenti altre che non avrebbero permesso di sviluppare
determinate scene. E’ una scelta fin troppo comoda e, per quanto sia un luogo
comune che mi dispiacerebbe vedere realizzarsi, spero che questo sia dovuto al
fatto che queste siano tecnologie nioniane, quindi sviluppatesi in Cina e
Giappone, e che quindi le vedremo nei successivi volumi.
A
tutto questo si deve aggiungere un problema enorme di questo romanzo:
l’impianto su cui si basa è interessante e la trama ha un buon potenziale, ma
la storia, soprattutto nella prima parte, ha un ritmo che spesso e volentieri
sfocia nel comatoso, elemento che rende ancora più lunghe le quasi seicento
pagine che questo romanzo ha in versione cartacea ed alla fine annoia il
lettore, che respira un po’ di ritmo soltanto quando ormai il finale è prossimo
e realizza che, per quanto Romanitas sia un romanzo che conclude il suo arco
narrativo, dovrà affrontare almeno un altro romanzo per conoscere il destino di
alcuni personaggi e, forse, svelare qualche mistero che in questo romanzo non
viene neanche sfiorato.
Insomma,
Romanitas non è un grande romanzo ma tra le sue pagine è possibile trovare del
buono e con un po’ d’impegno lo si può anche amare.
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