Flawed. Il momento della scelta - Recensione di Mysticmoon


Flawed. Il momento della scelta – Cecelia Ahern
Recensione di Mysticmoon


Titolo: Flawed. Il momento della scelta
Autore: Cecelia Ahern
Genere: distopico
Serie: 2° della serie Flawed
          1° volume (recensione)
Editore: DeA Planeta
Pagine: 384
ISBN: 9788851163075

Una cosa che ho apprezzato particolarmente di questo secondo e ultimo volume della serie distopica composta da Flawed e Perfect (da noi diventati rispettivamente Flawed. Gli imperfetti e Flawed. Il momento della scelta) è che questo volume si apre qualche tempo dopo la conclusione del primo, un fatto che potrebbe essere considerato come un dettaglio di poco conto mentre la sottoscritta lo trova un pregio: in questo modo la scrittrice, catapultando il lettore in una realtà a cui la nostra Celestine ha già avuto modo di abituarsi mentre per chi legge è una novità, evita di proporre in apertura di romanzo un momento morto ed è giustificata ad iniziare immediatamente quella cavalcata abbastanza serrata che porterà la storia alla conclusione.
Una delle differenze più marcate tra il primo ed il secondo volume di questa serie è proprio il ritmo assai più serrato del secondo rispetto al primo; se in “Flawed Gli imperfetti” Celestine ha la necessità di ponderare sulla sua nuova condizione e su quella della società, formando il suo pensiero riguardo ai Fallati, questo secondo romanzo è molto più rapido e ricco di eventi; si può dire che da un libro all’altro si passa letteralmente dalle parole ai fatti.
Cecelia Ahern dimostra in questo romanzo di essere una buona scrittrice sia per quanto riguarda lo stile di scrittura sia per la sua capacità di costruire dei personaggi interessanti e mai banali.
Come nel precedente, la stella polare della storia è Celestine, protagonista e voce narrante che risulta decisamente più matura rispetto al precedente: gli occhi di Celestine non sono più quelli di una bambina e, coerentemente con questa sua evoluzione, pensa ed agisce.
La ragazza del primo romanzo ormai è soltanto lo scheletro su cui è stata costruita la giovane donna di questo secondo volume, una persona meno ingenua, che non è disposta a fidarsi di nessuno se non del suo istinto e che non solo non vuole a farsi usare da coloro che attraverso lei possono ottenere vantaggi ma è pronta a sfruttare ogni sua arma senza tuttavia andare contro i suoi principi e le sue convinzioni, pronta a mettersi in gioco in prima linea per raggiungere il suo obiettivo.
Se messi a confronto con la complessità che contraddistingue Celestine, complice il fatto che il suo sia l’unico punto di vista che ci viene offerto dalla storia, più o meno tutti gli altri personaggi ne escono sconfitti, tuttavia questo non significa che si tratti di stereotipi o di personaggi banali: a partire da Carrick, che nel primo romanzo aveva una certa importanza ma compariva davvero poco mentre qui ha molto più spazio e la scrittrice riesce a rifinire la figura di questo ragazzo con un passato tragico alle spalle, arrivando fino ai terribili Bosco Crevan e Mary May, a tutti i personaggi viene dato un certo spessore e una propria dignità, dando modo al lettore di farsi un’idea sul perché sono diventate questo genere di persona attraverso le loro scelte, giuste o sbagliate che siano.
Il messaggio veicolato in questa serie di libri è tanto importante quanto semplice: quello che siamo è un affastellarsi di esperienze e di scelte, che possono essere sia positive sia negative ma tutte ugualmente significative e caratterizzanti, quindi l’importante è fare ciò che sembra giusto, anche a costo di compiere un errore che influenzerà il resto della nostra esistenza, e non demonizzare gli errori compiuti.
Se mi chiedessero a chi consiglierei questo romanzo, risponderei che lo consiglierei sia ai ragazzi sia agli adulti, ma per quanto riguarda questi ultimi farei una precisazione: questa è una storia che può essere apprezzata da un lettore più maturo solo a patto che si cerchi una lettura che non sia particolarmente impegnativa e soprattutto che si sia pronti ad accettare quell’unica, gigantesca ingenuità di base che ho citato nella recensione del primo romanzo.

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