Figlie del mare - Recensione di Mysticmoon


Figlie del mare – Mary Lynn Bracht
Recensione di Mysticmoon



Titolo: Figlie del mare
Autore: Mary Lynn Bracht
Genere: drammatico
Editore: Garzanti
Pagine: 370
Isbn: 9788830447653


Isola di Jeju, dicembre 2011
Nonostante abbia ormai settantasette anni Emiko è ancora una haenyeo, ossia si guadagna da vivere immergendosi nell’oceano per pescare molluschi.
Questa particolare professione delle donne dell’isola di Jeju è quella di tutte le donne della sua famiglia da tempo immemore, ma la tradizione è destinata a morire con lei: molti anni prima sua figlia Yoon Hui ha scelto di studiare, diventando docente di lingua e letteratura coreana all’università, e da moltissimi anni ha deciso di vivere nella capitale, così come suo fratello maggiore Hyoung e la sua famiglia.
E’ legato alla sua professione anche ciò che nasconde da tutta la vita ai suoi figli: Emi aveva una sorella maggiore, Hana, nata sette anni prima di lei ed anche lei haenyeo, che le ha salvato la vita facendosi portare via al posto della sorellina dalle truppe giapponesi nell’estate del 1943, condannandosi a diventare una di quelle donne che dal 1991 sono note come comfort women, ossia una di quelle donne che, rapite o raggirate dai soldati dell’impero giapponese, vennero rinchiuse in bordelli e costrette ad avere rapporti sessuali con molti uomini ogni giorno, trattate alla stregua di oggetti che, una volta rotti, andavano semplicemente sostituiti.
Tormentata dagli incubi e decisa a ritrovarla ad ogni costo, Emi intraprende un viaggio per Seul in occasione della millesima dimostrazione del mercoledì, un evento settimanale che dal 1992 vede le comfort women sopravvissute manifestare davanti all’ambasciata giapponese di Seul per ottenere delle scuse ufficiali dal governo giapponese, che ufficialmente ha sempre negato l’accaduto, nella speranza che in quella ricorrenza possa riconoscere il volto di sua sorella tra quelli delle sopravvissute.

In un mondo ipertecnologico in cui l’informazione non solo è distante un click ma ci si può informare praticamente in qualsiasi luogo, sembra assurdo che esistano ancora temi di cui i più ignorano l’esistenza, eppure è così e sono la prima a confessare che, per quanto io abbia sempre avuto un interesse per la storia giapponese, non solo ho scoperto l’esistenza delle comfort women solo qualche anno fa mentre scrivevo la tesi di laurea ma non l’ho fatto tra le pagine di un libro ma guardando un programma televisivo.
In questo romanzo Mary Lynn Bracht apre una finestra su una realtà che la nostra storia, quella di noi occidentali, tralascia spesso: così come nei campi di concentramento europei alcune prigioniere politiche venivano inserite in dei bordelli aperti ai soldati ed ai prigionieri, nei territori conquistati dalle forze imperiali giapponesi erano presenti dei bordelli nei quali venivano detenute in condizioni igieniche estreme migliaia di donne che, rapite o convinte con la prospettiva di un lavoro, erano costrette ogni giorno ad avere rapporti sessuali con decine di uomini che potevano letteralmente trattarle come desideravano perché, in caso di lesioni permanenti o morte, queste venivano sostituite praticamente senza che vi fossero ripercussioni.
Con uno stile di scrittura semplice e per questo molto diretto l’autrice mostra al lettore la realtà di queste donne costrette a convivere in ambienti angusti, spesso nutrite il minimo indispensabile per evitare la morte per inedia, quasi sempre con il corpo segnato da lividi, ferite e cicatrici, dei meri strumenti di piacere facilmente intercambiabili perché disumanizzate grazie all’omologazione del taglio dei capelli ed il nome assegnato all’arrivo.
Questo libro non è un capolavoro per quanto riguarda lo stile di scrittura eppure è una magnifica lettura perché il modo in cui è scritto, senza indulgere nel voyerismo ed usando un lessico pratico e diretto, trasmette il messaggio in maniera efficace e permette al lettore di entrare in sintonia sia con la sedicenne Hana, una ragazza orgogliosa e forte che di punto in bianco viene strappata dalla sua famiglia e poche ore dopo violentata dal suo rapitore, un uomo che avrà grande importanza in questa fase della sua vita, sia con Emiko, ormai anziana e malata, che porta nel cuore non solo il senso di colpa per aver permesso che portassero via la sorella senza emettere un suono ma anche il peso di una vita non facile, un’esistenza di cui ci offre scorci nei vari flashback su quanto accaduto sull’isola dopo la fine dell’occupazione, quel processo distruttivo che portò pochi anni dopo la Corea a spaccarsi in due all’altezza del trentottesimo parallelo ma che per Emi inizia prima, con l’insurrezione di Jeju, che porta ad Emi altri dolori e ferite.
Inutile dire che Mary Lynn Bracht è stata fenomenale nel caratterizzare entrambe le sorelle, due donne fatte della stessa pasta che hanno vissuto esperienze diverse ed hanno età molto differenti, due donne che portano il loro fardello con lo stesso coraggio ed orgoglio che si dice caratterizzi le haenyeo di Jeju, donne forti e potenti in una società in cui in teoria le donne non dovrebbero avere voce.
Figlie del mare è un romanzo che offre molto al lettore e che merita molto, una lettura coinvolgente che impedisce di staccarsi dal libro fino alla conclusione nonostante non abbia un ritmo serrato a sostenerlo.

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